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La passione e l’impegno dei giovani iscritti alla comunità virtuale nata per recuperare il murale del grande sindacalista di Cerignola.

C’è un banchetto sul marciapiede che costeggia la Villa Comunale di Cerignola. Un sabato pomeriggio dello scorso febbraio, un po’ freddo e piovoso. Un gruppo di ragazzi e ragazze sono lì, con fogli, volantini e penne. Scherzano tra loro e fermano i passanti incuriositi. Alle loro spalle un cavalletto con una grande fotografia di Giuseppe Di Vittorio. Sono gli “operai” de “La Fabbrica di Nichi” della città natale di Di Vittorio. Sono impegnati in una raccolta firme per sensibilizzare la popolazione e le istituzioni locali sul possibile recupero di un’opera d’arte dimenticata dai più. Chi si ferma al loro banchetto spesso firma subito dopo aver notato la foto di Di Vittorio. C’è Di Vittorio e allora si firma, poi si chiede per cosa, perché. E i ragazzi e le ragazze distribuiscono una storia, riassunta in un foglio, in cui si racconta di una grande opera d’arte, un gigantesco monumento pittorico che, dal 1975 a metà degli anni ’80, faceva bella mostra di sé nella grande piazza del Municipio. Un gruppo di artisti venuti da fuori aveva scelto di realizzarlo proprio a Cerignola, per i suoi cittadini, per i suoi braccianti e lavoratori della terra, per il loro simbolo di riscatto e uguaglianza sociale. L’opera s’intitolava Giuseppe Di Vittorio e la condizione del Mezzogiorno. Qualcuno più anziano la ricorda e racconta “Sì è vero, se ne parlò tanto, in tutta Italia, poi sparì, quando ristrutturarono la piazza, e nessuno se ne è più interessato”. Così i ragazzi e le ragazze della “Fabbrica” raccontano ai firmatari del loro impegno, inizialmente nato da un piccolo gruppo di giovani sensibili ai temi della storia sociale, dell’arte e della memoria, con la costituzione di un gruppo su Facebook che ora raggiunge più di 800 adesioni.

Dai post che si susseguono nel gruppo provo a comprendere meglio motivazioni e spinte emotive, culturali, politiche che hanno spinto tanti giovanissimi in un impegno che sembra capovolgere le priorità che tanti danno per scontate, mettendo al primo posto una battaglia culturale e di recupero di un pezzo di passato (e forse di politica), per loro quasi archeologia.
Andrea Ladogana, artista cerignolano, fonda il gruppo “Salviamo il murale G. Di Vittorio!!!” il 25 febbraio 2009. È rimasto colpito dalla scoperta del mio impegno, nell’ambito del progetto “Casa Di Vittorio”, per recuperare i frammenti dell’opera, casualmente ritrovati negli scantinati del municipio. Mi nomina, con lui, amministratore della pagina. Arriva poi Fabio Tenore, entusiasta per l’idea, studente in Beni Culturali e operatore di un’associazione culturale.
Uno dei primi post lo scrive Michele Valentino, a commento di una vecchia foto a colori che mostra la grande struttura dai tre pannelli coloratissimi al centro di una piazza piena di verde: “Sono cresciuto in quella piazza, con quel monumento. Il suo recupero sarebbe un segno prima di tutto di civiltà oltre ad avere un’importanza culturale, che a Cerignola non guasterebbe proprio”. La foto sollecita subito emozioni, ricordi. “Quant’era bella la piazzetta!” scrive Fabio e per Gianluca Reddavide “rivedere la fotografia a colori del murale è stato un tuffo al cuore”.
Fabio aveva già studiato l’opera e fornisce altre informazioni sugli obiettivi degli autori del murales, il Centro di arte pubblica e popolare di Fiano Romano guidato da Ettore De Conciliis “Scopo del centro è quello di cambiare le dinamiche del trinomio committenza-artista-opera ricreando uno spazio per l’arte che non sia un museo blindato o una chiesa angusta in modo che il fruitore dell’opera sia, in modo diretto, il popolo, che essendo anche committente dell’opera si possa porre in modo dialettico nei suoi confronti”. Gli risponde Lele Defilippis, studente di architettura a Bari. “Anch’io rivoglio il murale di Di Vittorio. La memoria storica di un paese va tutelata e custodita gelosamente”. Lele ipotizza una possibile collocazione “in piazza I° Maggio, dinanzi alla Casa del Popolo, quale miglior luogo il porlo nello spazio meglio deputato a tale memoria?”. Non è d’accordo Giuseppe Valentino, videomaker cerignolano residente in Svizzera: “Bisognerebbe cercare di non farlo ‘monumento’. I monumenti hanno la capacità di far dimenticare le persone prima del tempo! La collocazione in un posto che vive, anziché in un giardinetto, potrebbe essere un inizio. I monumenti sono un modo per archiviare la memoria di una persona. Molto meglio se uno lo va a trovare in un posto, anziché metterlo in un luogo aperto per renderlo visibile, perché prima o poi scomparirà, diventando parte del paesaggio metropolitano, come un palo della luce”.
Moltissimi però non sanno che l’opera, sia pure smontata e parzialmente rovinata, è stata ritrovata e quindi polemizzano, come Matteo Zingarelli, militante di SEL, “Io comunque so che l’opera è stata rimossa perché è stata distrutta completamente. Comunque non facciamo affidamento su questi “amministratori di sinistra” che hanno ben altro da pensare… figuriamoci, se ne fregano di Di Vittorio!” “Ti sbagli – gli risponde Fabio – l’opera è stata smontata e ‘parcheggiata’ nelle cantine del Palazzo di Città. Alcuni pannelli sono stati distrutti, ma c’è ancora del materiale. Lo stesso sindaco [Matteo Valentino, della precedente giunta di centrosinistra, ndr] si era impegnato per il ripristino dell’opera in occasione del cinquantenario dalla morte di Di Vittorio.”
Nel frattempo il gruppo cresce e sono in tanti a iscriversi, sottolineando il valore sociale e politico che dovrebbe superare l’interesse artistico. Luigi Lorusso: “Ciao, m’iscrivo, anche se non sono del tutto convinto… il murale di Di Vittorio (che da piccolo mi sembrava un po’ inquietante!) non è ‘solo’ un’opera d’arte, ma è anche un pezzo di memoria storica delle lotte che rappresenta. Io non credo nella memoria calata dall’alto e non credo che un monumento in una piazza possa far tornare la memoria su Di Vittorio e le lotte che ha condotto. Potrei credere maggiormente in un lavoro, forse più oscuro, di divulgazione, ma soprattutto di attualizzazione di quel pensiero e di quel percorso. Siamo una città che a quel passato e a quella memoria storica ci ha sputato sopra. Non ci meritiamo un murale di quella potenza espressiva, nella piazza di una città che tollera, indifferente e complice, la presenza e lo sfruttamento degli schiavi polacchi, rumeni o africani sul proprio territorio”.
Ma su tanti fa presa il fascino dell’opera d’arte, rappresentativa non solo localmente, come in Francesco Sgaramella, studente di architettura a Roma, che ringrazia “per le preziose notizie sulle vicende artistiche e biografiche sul murales, che ignoravo completamente, anche se a rivederlo dopo più di 20 anni, con qualche cognizione figurativa in più, avevo subito notato notevoli affinità con i maestri muralisti messicani, Siqueiros in primis, che ho avuto il piacere di ammirare a Città del Messico”.
Il gruppo continua a crescere e a creare interesse, intrecciare opinioni e voglia d’impegno, diventando occasione di incontro tra persone lontane. Natalia Gurgone, giovane restauratrice romana di origini cerignolane, ritiene possibile l’operazione di recupero: “Mi sono specializzata all’Istituto Centrale per il Restauro e ho svolto un’indagine sulle opere di De Conciliis e del suo Centro, studiando tecniche esecutive e problematiche conservative. La cultura si costruisce e sono più che felice di poter contribuire con le mie conoscenze e competenze. Sicuramente questo intervento è doveroso perché, oltre ad essere un riconoscimento storico è anche un’importante testimonianza di arte pubblica muralista, essendo, inoltre, un unicum artistico”. Il suo non è solo un intervento da specialista, in quanto precisa ”Di Vittorio per me è un insegnamento ancora vivo. L’ho conosciuto dai racconti di mia nonna 92enne, che ancora me ne parla, poiché suo padre, Giuseppe Di Trani, era un amico caro di Di Vittorio”.
Se alcuni sono spinti dal fascino dell’arte, altri propongono un impegno per riprendere il filo spezzato che riporta all’epopea del movimento bracciantile guidato da Di Vittorio; altri ancora, come Beppe Di Munno, studente cerignolano ad Amburgo, impegnato nel Comitato No Inceneritore, aderiscono al comitato virtuale per riprendersi un pezzo sconosciuto della propria città: “Basta che c’impegnamo a riportarlo in vita sto murale, perché c’è chi come me non l’hai mai visto!”
Francesco Daddario, restauratore cerignolano, offre la sua “disponibilità per elaborare un progetto di recupero gratuitamente”, mentre da Firenze, Sabrina Cappellari, studentessa in Beni Culturali si presenta così: “Salve!! sono una ragazza di 23 anni di Cerignola. Studio Storia e tutela dei beni artistici a Firenze, perché l’arte è la mia vita! Sono una dei tanti ragazzi fuori sede che ha deciso di lasciare la propria città per poi, magari un giorno, tornare portando un contributo in più alla piccola Cerignola… mi sono iscritta al gruppo e ho visto più di 750 iscritti… mi chiedevo se c’è qualcosa di veramente concreto da poter fare… per far sentire la nostra voce? penso che una reazione da parte dei giovani sia fondamentale… far capire che per noi ragazzi non c’è solo ‘il sabato sera in piazza Mercadante’, ma anche tanto altro… storia, cultura, arte… e salvare il ‘murale Di Vittorio’ è una grande occasione per noi e per tutta la comunità, passata e futura! bisogna fare qualcosa, perché altrimenti la parte bella dei giovani cerignolani che hanno voglia di crescere ed accrescere la città, andrà via alla ricerca di altri stimoli che, purtroppo, Cerignola non offre… io mi metto a disposizione per qualsiasi iniziativa e proposta, con il mio contributo, anche piccolo. Grazie!!!”
E se un gruppo riunito in un social network sembra troppo virtuale per smuovere qualcosa davvero, alcuni sollecitano azioni concrete di sensibilizzazione. Nasce così l’idea della raccolta firme proposta da Andrea e che Sabrina condivide aggiungendo: “Il primo obiettivo, secondo me, è la CONOSCENZA, ossia spiegare chi è Di Vittorio, cosa ha fatto e perché è un nostro dovere cercare di salvare il murale a lui dedicato… poiché molti lo ignorano… sicuramente le persone più adulte ne hanno piena consapevolezza, ma noi giovani molto meno”.
“La storia è la nostra identità – scrive infine Rossana Ciavattini – è testimonianza di passioni e di vita, e si esprime in tanti modi… l’arte di raccontarci, di lasciare traccia per condividere la vita sociale e quella di ognuno. Se si cancellasse tutto il passato d’un colpo… la storia di tutti, insieme alla storia più personale… se fosse cancellata ogni esperienza di bellezza e di dolore… che resterebbe di noi?”.
Nelle fredde settimane di febbraio le firme al banchetto sono diventate più di mille e gli “operai” sono contenti del lavoro svolto, che ora entra nella fase più importante: far rinascere quell’opera d’arte, far rinascere “la bellezza e il dolore” della memoria di Giuseppe Di Vittorio.

Testo originale dell’articolo pubblicato (con alcuni tagli causati dallo spazio a disposizione) in:
Diamo un senso al futuro, Speciale 1° Maggio 2011, supplemento al N. 16/2011 di “Rassegna Sindacale”, pp. 41-42