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antifascismo, autobiografie popolari, emilia romagna, II guerra mondiale, oral history, Resistenza, savignano sul rubicone, sfollati, UDI
Incontrai Giorgio Rossi nel marzo del 2022 a Cesenatico. Presentavo C’ero anch’io su quel treno in un affollato incontro organizzato dalle compagne dell’UDI (Unione Donne in Italia), presso il Museo della Marineria. Intervenne anche lui, come altri, raccontando l’amicizia con Vittorio Montemaggi, il cui padre Giovanni aveva ospitato Vincenzo, un bambino napoletano nel 1947 (qui la storia). Poi al termine della serata gli chiesi se avesse voglia di raccontare qualcosa della sua famiglia e mi promise che avrebbe provato a scrivere alcune delle tante cose che la sua memoria conservava e che avrebbe avuto piacere a raccontare.
Qualche mese più tardi, tramite Eros Montemaggi, figlio del suo amico, mi fu recapitata la sua lettera/racconto, che qui riporto così come scritta. Oggi 25 aprile è il giorno migliore per leggerla.

Carissimo amico Giovanni
come d’accordo Ti mando alcuni avvenimenti dei miei ricordi della mia modesta esistenza e alcuni fatti raccontati da mio padre successi alla mia famiglia.
Inizio con un fatto oserei dire umiliante e vergognoso accaduto a mia nonna Cucchi Clelia, non so perché l’anno sempre chiamata Rosa.
La nonna Rosa è rimasta vedova durante la prima guerra mondiale, il Marito Rossi Paolo Ernesto è saltato per aria lui e il mulo davanti la Chiesa del Carso (così ha raccontato un nostro vicino di casa e amico del nonno Paolo, che era distante pochi metri da mio nonno).
Nonna Rosa aveva quattro figli e aspettava (in cinta) il quinto figlio.
(Nonna Rosa non è mai stata fascista,) però il bisogno economico la miseria totale la indusse ad andare dal sindaco (podestà) e chiedere un sussidio o meglio ancora un lavoro per poter sfamare i suoi figli, quando fù in comune si presentò e fece la sua domanda al sindaco il quale era con una guardia del corpo in divisa da fascista di tutto punto e al posto di rispondere il sindaco rispose l’altro in modo poco corretto e dicendo che non era possibile e con alterigia aveva tentato di allontanarla e non tenendo conto della sua richiesta. Nonna Rosa era alta 1.50 ma di una forza bestiale, gli diede 4/5 pugni in faccia ruzzolandosi a terra, la sua calma era ridotta a zero pensando ai suoi 5 figli ai quali non sapeva come provvedere ai suoi bambini come fare a sfamarli. Mia nonna fù condannata a cinque anni di destinazione coatta in Francia, a questa notizia il paese si mise in sommossa dicendo che questi 5 bambini senza nessun sostentamento sarebbero morti di fame, quindi chiesero che la condanna fosse annullata, per almeno un atto di pieta verso questi cinque bambini, allora riunione del Sindaco con i cittadini di Capanni, questo è il nome della frazione del comune di Savignano sul Rubicone, fù presa una decisione: Per chiudere la questione si convenne quanto segue: il figlio maggiore Nino tredici anni e mezzo deve prendere la tessera da fascista e chiudiamo la faccenda.
Pensa l’umiliazione per mia nonna e per un ragazzino così giovane rendersi conto di ingoiare un rospo di questo genere ordinato da fascisti (malfamati, opportunisti)
Mia nonna è nata nel 1885 è morta nel 1975 a settanove anni nel 1964 è andata a Roma al funerale di Palmiro Togliatti. Con questo nota bene la grinta di nonna Rosa e per noi è stata un esempio di ideali fino alla morte.
Questo capitolo fa capire quale temperamento di una persona che messa a dura prova dai gravi disagi e nell’impotenza, deve subire la violenza psicologica contro i propri ideali per salvare i propri figli di conseguenza reagisca con coraggio e con la forza fisica.

Mi permetto di illustrare avenimenti vissuti in prima persona il periodo della 2a guerra mondiale. Il fronte si è fermato nella zona Rubicone 32 giorni, io ero piccolo avevo sei anni e mezzo ma mi ricordo come fosse ieri certi episodi indelebili-indimenticabili. I nostri genitori ci dicevano che quando si sentiva in aria il fischio delle granate dovevamo abbassarci e magari saltare in un fosso, questi consigli rudimentali servivano se potevano… però siamo andati sfollati a 12/13 km di distanza siamo partiti di notte impauriti e senza niente da mangiare qualche panno da cambiarci e un po’ di pane non pensando che il nostro allontanamento da casa quanto sarebbe durato.
Arrivammo in una casa da una famiglia di Torre Pedrera chiamavasi Mulazzani, ci hanno ospitati nella stalla ed eravamo in dodici (quattro mezze famiglie) perché le altre mezze erano in guerra o nei rifugi gli uomini, altrimenti venivano arrestati e portati in Germania nei campi di concentramento.
Nella stalla dove ci hanno ospitato c’erano le greppie piene di fave che dovevano mangiare gli animali, ma non andò così, l’abbiamo mangiata noi la fava, era secca come i sassi e le nostre mamme andavano a raccogliere delle erbe in campagna e le cuocevano, così siamo sopravissuti alla fame con quello che si trovava e non ci sono stati morti.
Dopo trentadue giorni siamo tornati a casa ma la casa era senza il tetto e pioveva sempre, aggiungo che a Capanni metà delle case erano state rase al suolo, noi eravamo in tré, io e i miei genitori, avevamo una camera e una cucina, niente bagno né acqua e luce la cucina non aveva il tetto. Piano piano il mio babbo ha messo apposto un po’ alla meglio il tetto però avevamo un trave nel centro cucina che faceva puntello al trave di mezzo e non c’era altro materiale da sostituire il trave rotto.
Da quando ho capito cos’era la guerra l’ò sempre odiata ho giudicato con disgusto, l’ignoranza di quei popoli ammazzarsi fra di loro, sparare ad un uomo che non lo conosci, distruggere interi paesi che furono costruiti con tanti sacrifici e fatiche per tutta una vita, in pochi attimi è andato ogni cosa alla rovina, non parliamo delle armi moderne che fanno morire anche a distanza di anni, pensiamo un po’; la scienza scopre medicinali che guariscono mali gravissimi che senza questi medicinali si morirebbe, invece c’è chi inventa armi che uccidono, e allora c’è qualche cosa che non funziona nella mente dell’uomo.
Pensiamo che la pace nel mondo non esiste e non si fa con le armi. L’intelligenza usandola a proposito dà i più bei frutti che esistono al mondo, si chiamano: Pace, Rispetto, Libertà.
Abbiamo avuto uomini, donne che hanno dato la vita per queste conquiste contro il nazifascismo e senza ricompensa economica, anzi avevano poche armi tanta fame freddo e tanti morti ma la conquista che hanno raggiunto è stata immensa e se ora ci possiamo esprimere con libertà e tutti i vantaggi che abbiamo raggiunto lo dobbiamo a loro Eroi della libertà e non dimentichiamolo mai.

Ritornando alla guerra voglio aggiungere che come ho accennato precedentemente mio nonno Paolo è morto in guerra, il papà di mia moglie disperso in Russia, l’ultima lettera che ha scritto è datata 1 gennaio 1943 da Kiev, scriveva spesso e io conservo tutte le sue lettere e cartoline postali.
Mio nonno x difendere la Patria dagli invasori, mio suocero mandato in guerra in Russia con le scarpe di tela a 40 gradi sotto zero da quell’esaltato di Mussolini che ha voluto aggregarsi a Itler, due matti messi assieme hanno fatto milioni di morti, due ambiziosi che credevano di conquistare il mondo, non sapevano neanche loro se era quadro o era tondo, ma noi non dobbiamo dimenticare mai.
Caro Giovanni se ti fa piacere ho ancora cose da aggiungere a quanto ho scritto sopra ho la mia storia d’amore verso mia moglie da quando avevo 13 anni in poi (fino la sua morte) e altre cose che mi fanno sentire orgoglioso, ma diamo tempo al tempo.
Distinti saluti augurandoti tanto bene a Te e Tua famiglia
Giorgio Rossi
