Tag

, , , , , , , , , , , , ,

Siamo costantemente alla ricerca di una vita migliore, sulla scia dei nostri desideri, per provare a cambiare la nostra condizione quando la riteniamo insopportabile. Questo riguarda gli adulti, ma riguarda anche e soprattutto i bambini, che più degli adulti conservano cicatrici e memoria del bene e del male che viene fatto loro. Rimane, spesso insoddisfatta, la tensione tra il restare e il partire.”

A 12 anni dal libro I treni della felicità (2009), nelle librerie dal 23 settembre 2021 il nuovo libro di Giovanni Rinaldi
C’ero anch’io su quel treno
La vera storia dei bambini che unirono l’Italia

Solferino, Milano 2021
(“Saggi”, pp. 320 – anche ebook e audiolibro)

Vincitore del Premio Benedetto Croce 2022 (Letteratura giornalistica)
Vincitore del Premio Internazionale Adriatico 2022 (Saggistica)

Alle storie del libro è ispirato lo spettacolo teatrale I TRENI DELLA FELICITÀ
(regia Laura Sicignano, prod. Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse / Ass. Madè) in tournée dal 2023.

«I bambini affamati erano tanti. Cominciava il tempo umido e freddo e non c’era carbone. I casi pietosi erano molti, moltissimi. Bambini che dormivano in casse di segatura per avere meno freddo, senza lenzuola e senza coperte. Bambini rimasti soli o con parenti anziani che non avevano la forza e i mezzi per curarsi di loro.» Così scrisse Teresa Noce, dirigente dell’Udi, Unione donne italiane, che fu l’anima del grande sforzo collettivo avviato all’indomani della Seconda guerra mondiale per salvare i piccoli del Sud condannati dalla povertà. Li accolsero famiglie del Centro-Nord, spesso a loro volta povere ma disposte a ospitarli per qualche mese e dividere quel che c’era. Un’incredibile espressione di solidarietà che richiese un intenso lavoro logistico, con il coinvolgimento di medici e insegnanti. E che non fu priva di ostacoli, tra cui la diffidenza della Chiesa timorosa dell’indottrinamento filosovietico, con qualche parroco che avvertiva: «Se andate in Romagna i bimbi li ammazzano, se li mangiano al forno».
Giovanni Rinaldi raccoglie queste storie da oltre vent’anni: partendo dalla sua terra, il Tavoliere delle Puglie, ha viaggiato in ogni regione d’Italia parlando con tanti ex bambini dei «treni della felicità». Franco che non aveva mai dormito in un letto pulito. Severino che non era mai andato in vacanza al mare. Dante che non sapeva cosa fosse una brioche. Rosanna che non voleva più togliere l’abito verde ricevuto in regalo, il primo con cui si sentiva bella. Con le loro voci e un’accurata ricostruzione storica disegna un mosaico di testimonianze di prima mano, divertenti e commoventi: il ritratto di un’Italia popolare eppure profondamente nobile.

C’ero anch’io su quel treno In tutte le librerie

C’ero anch’io su quel treno. Giovanni Rinaldi intervistato da Serena Bortone (Oggi è un altro giorno – RAIUNO 25 ottobre 2021)

DALLE RECENSIONI

Giovanni Rinaldi è uno scrittore che ascolta, un ossimoro. Inforca le cuffie, imbocca lo stereo con le tonnellate di confessioni raccolte (l’eleganza della tecnologia del passato!) e anziché cullarsi sulle certezze dell’Io preferisce perdersi nelle vite degli altri
DAVIDE GRITTANI – CORRIERE DEL MEZZOGIORNO (Puglia)

Leggere il ricco libro dello storico Giovanni Rinaldi è un percorso non solo commovente, ma un modo di mettere in fila tante vite e assaporarle autenticamente attraverso i testimoni da lui ascoltati.
DORELLA CIANCI – AVVENIRE

È un libro avvincente come un romanzo il suo, affollato di passioni calde: la solidarietà umana e politica, la grande partecipazione democratica. La presenza della società insomma
MICHELE FUMAGALLO – IL MANIFESTO

Questo libro ribelle rifiuta ogni etichetta. O meglio rappresenta l’evoluzione nobile del «sentito dire» Contro la superficialità e il pressappochismo di questa espressione, Giovanni Rinaldi, narratore, storico, il ricercatore più testardo che si possa conoscere, ha investito vent’anni della sua vita ad ascoltare i testimoni, a «sentirli dire» Li ha cercati, li ha fatti parlare, non ha coperto le loro voci e non li ha usati e questo è già un’eccezione
PAOLO FALLAI – CORRIERE DELLA SERA

Giovanni Rinaldi torna, dopo la meravigliosa esperienza de I treni della felicità (2009), a raccontare le loro storie nel volume – da leggere – C’ero anch’io su quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l’Italia. Lo fa sottovoce, in punta di piedi, entrando con grazia e maestria nelle vite private di tanti bambini e bambine – oggi adulti – che aprono il loro cuore come si può fare solo con chi sa e vuole ascoltare
ILARIA ROMEO – COLLETTIVA

L’Italia sommersa e un po’ subalterna, quella dei lavoratori o, come si diceva una volta, dei proletari che sbarcano il lunario grazie al sudore della fronte e alla forza delle braccia è stata protagonista nel Dopoguerra di una grande storia di solidarietà e coesione, rimasta per anni quasi del tutto sconosciuta. È la storia dei ‘treni della felicità’ che trasportavano i bambini poveri del Mezzogiorno verso le regioni del Nord e del Centro dove sarebbero stati ospitati da famiglie di lavoratori, non certo ricchi, ma le cui condizioni economiche erano sicuramente migliori di quelli delle famiglie meridionali. Queste belle pagine di storia di un’Italia a torto ritenuta minore stanno tornando alla luce grazie all’impegno tenace di Giovanni Rinaldi
GEPPE INSERRA – LETTERE MERIDIANE

Buona lettura, anzi buona immersione nella bella Italia che Giovanni Rinaldi ha saputo scoprire e descrivere. Un saggio, il suo, più bello e emozionante di un romanzo, la realtà più sorprendente di qualsiasi fiction.
GIOVANNA BRUNITTO – BLOG

Cos’è, dunque, quello che è contenuto in questo libro? Un saggio, una storia o una favola? Per rispondere è indispensabile …immergersi nella lettura della storia o, meglio, delle decine di storie che la compongono. Ed è indispensabile farlo, sapendo che si tratta di un saggio storico che racchiude in sé il fascino di storie vere, in tutto e per tutto, con il valore aggiunto della favola
ROSA ROSSI – INFODEM

Rinaldi, partendo dalla sua terra, bella ma dura, il Tavoliere delle Puglie, racconta con empatia commovente storie frutto di una ricerca certosina, emozionanti, significative, necessarie
GABRIELE OTTAVIANI – CONVENZIONALI

Giovanni Rinaldi mette da parte vanità personali e professionali, e si pone a completo servizio dei suoi interlocutori. Abita i luoghi del passato con garbo. Diventa parte della famiglia, della comunità, del gruppo. Stringe rapporti di fiducia reciproca con ogni singola persona con la quale di volta in volta entra in relazione, e l’accoglie. L’ascolta. Ascoltare nel lavoro di Rinaldi, non è una parola qualsiasi: è la prima tessera della sua ricerca
ROBERTA PILAR JARUSSI – BONCULTURE

L’autore si muove in una zona di confine – come un esploratore che si avventuri in terre incognite – tra saggistica storica, memorialistica, autoetnografia e romanzo di formazione. Questi generi si intrecciano tra loro e mostrano una tranche de vie di un’Italia povera ma solidale, animata da forti ideali umani, prima ancora che sociali e politici
CARLO DE NITTI – EDSCUOLA e SOLOSCUOLA

Perché questo lavoro di Giovanni è importante a mio modo di vedere? Perché si avverte il bisogno di raccontare queste storie? Io penso che ciò derivi, e in questo quel che fa Giovanni e che fanno tutti quelli come lui, è prezioso, dà una risposta all’esproprio che tutti abbiamo subito in questo tempo: l’esproprio di futuro attraverso la sottrazione della memoria
GIANFRANCO NAPPI – INFINITIMONDI/CENTOANNIPCI

Rinaldi ha il merito di non restare intrappolato nella vischiosità del racconto, non adotta mai il punto di vista del soggetto, ma trasferisce al lettore il bagaglio di valori del protagonista perché il lettore sia libero di scegliere come trattare tale materiale. Lo scrittore/ricercatore è veicolo di idee e storie. E questa non è un’operazione semplice, qui sta la vera bravura del ricercatore che pur selezionando le storie riferisce in modo imparziale… Rinaldi torna alla tradizione del racconto orale che tramanda significati, concetti, storie e storia
ANNA CAPUTO – LUCIALIBRI

E tanto quanto Giovanni si pone come un tramite che concede di far fluire ricordi e racconti che vengono riportati fedelmente, altrettanto poi ci restituisce descrizioni del contesto talmente puntuali da farci sentire trasportati nello stesso luogo, avvolti dalla suggestione che la portata di enormi carichi di emozioni racchiude
CLAUDIA PAVAN – KCDC KeepCalm&DrinkCoffee e SOLOLIBRI

Sono molte le storie raccolte raccolte in queste pagine, ciascuna con la propria peculiarità, dove emergono paure, nostalgie, affetti, rinunce e amore fra quanti, magari per pochi mesi, hanno condiviso vite diverse, mescolanza di dialetti, usanze e cibo differente quando quasi del tutto mancante. Sono storie di bambini che provano a tracciare le proprie vite in nuove famiglie, con nuovi genitori anche provvisori, salvo alcuni casi in cui le sistemazioni non diventarono definitive
ROBERTO MAESTRI – LO SCRIGNO DI PANDORA

Rinaldi, quasi come un detective, segue indizi e mette insieme le storie, si reca nei luoghi, intervista i  familiari di questi bambini che avevano sentito parlare di sfuggita, e con abilità riesce a fare ritrovare una umanità che vive solo nei ricordi di nonni o parenti. A volte la ricerca arriva troppo tardi, altre volte riesce nel segno e ad assegnare dei nomi a ricordi annebbiati, restituendo con commozione momenti di difficoltà, di altruismo e ottimismo
GIOACCHINO DIMAIO – DUECENTOPAGINE

La ‘letteratura della realtà’ non si appoggia alla fantasia ma ai fatti. E Giovanni Rinaldi, specialista del genere, di fatti continua a documentarne a decine… Il lavoro di Rinaldi impedirà l’oblio a tante storie individuali e familiari e lascerà un segno indelebile nella grande storia che corse lungo le disastrate rotaie del paese ferito dalla guerra… Per non parlare degli “effetti collaterali” della sua infaticabile ricerca: da ‘I treni della felicità’ (che aveva una intensa introduzione di Miriam Mafai) prese lo spunto il regista Alessandro Piva per il docu-film ‘Pasta nera’, opera a quattro mani con Rinaldi che restituisce con efficacia sullo schermo i viaggi dei bambini e la complessa organizzazione che li rendeva possibili; e poi la recente letteratura di successo su quei treni speciali ha ‘pescato’ a piene mani, per non dire copiato, nelle certosine ricerche di Rinaldi e di altri studiosi senza neanche un ‘grazie’. Anche quest’ultimo libro di Rinaldi contiene storie “potenti” che potrebbero, esse stesse, ispirare qualunque romanziere o sceneggiatore
ONIDE DONATI – STRISCIAROSSA

Il libro di Rinaldi è molto bello ed è importante che ci abbia detto che scrivere libri è fare testimonianza… Secondo me i romanzi, i libri, sono testimonianza e creano consapevolezza. Questo è il compito della letteratura
DACIA MARAINI alla consegna del Premio Croce 2022

Il testo, per molti versi, è quasi un romanzo realista, sorretto da una straordinaria narrazione che sorprende e cattura, tanto da spingere con sollecitudine a giungere alla fine della lettura, ma al tempo stesso è un saggio, frutto di una lunga e attenta ricerca documentaria, che segue con rigore i metodi più avvertiti della storia orale, della microstoria, dell’ascolto partecipato.
FLORIANA GALLUCCIO – GEOGRAFIA

Il libro di Rinaldi risente beneficamente del suo carattere militante, della sua partecipazione in diretta. È scritto come un diario di lavoro, come le demartiniane “note di campo”, in cui confluisce la cronaca dei numerosi incontri nelle più disparate sedi, la trascrizione delle testimonianze, la riflessione sulla ricerca in corso, l’arricchimento progressivo dell’esperienza storica e umana.
SERGIO D’AMARO – GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

Non è un romanzo ma si legge come un romanzo avvincente; sembra un racconto di fantasia, che emerge dal bosco di chi sa quale tempo, è, invece, la storia vera di un tempo a noi ancora molto vicino. Non è un testo di storia, che mette insieme fatti e eventi, è la storia che si racconta attraverso i suoi personaggi. Non è un saggio di antropologia, di sociologia, ma dentro c’è la ricerca sociologica, antropologica. C’è la memoria, il ricordo. C’è tanta politica, che mette in campo – strano a dirsi! – azioni concrete di solidarietà. Ci sono fonti, documenti, testimonianze. Il libro è, insomma, il frutto originale di un lavoro sul campo, l’opera di un osservatore partecipante. Il contenuto è narrato con sobrietà, eleganza, delicatezza. C’è tanta passione, che dà forza al lavoro, senza cedere in sentimentalismi, o retorica. Se l’autore si mostra forbito scrittore, il rigore del ricercatore, puntiglioso nella verifica del più piccolo dettaglio, ne risulta non indebolito ma rafforzato.
GIOVANNI PISTOIA – FARONOTIZIE.IT