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Signor Giovanni Rinaldi buongiorno,

innanzitutto mi presento. Mi chiamo Armido Malvolti, ho 78 anni e abito a Castelnovo ne’ Monti, provincia di Reggio Emilia. Da alcuni anni mi diletto a scrivere: articoli, romanzi, racconti, biografie. In passato ho ricoperto ruoli dirigenti prima nel PCI, poi nella CGIL.

Giorni fa ho letto notizie (non ricordo se su di un giornale, su fb o altro) del suo libro C’ero anch’io su quel treno. Ciò che ho letto mi ha incuriosito per due motivi: 1) dal 1995 al 2006 la mia famiglia ha accolto, per periodi anche abbastanza lunghi, prima bambini bosniaci ospiti di un campo profughi a Postumia; successivamente bambini ucraini figli di operai e tecnici che lavoravano nella centrale di Chernobyl; 2) mi sono ricordato che anche una famiglia del mio comune ospitò un bambino napoletano: quel bambino, già adulto, l’ho visto un paio di volte, nella seconda metà degli anni sessanta o i primi anni settanta, nel bar che quella famiglia gestiva.
Ho acquistato il libro e come ho iniziato a leggere sono stato coinvolto al punto da sospendere l’editing di un testo per dedicarmi a mente libera alla lettura del suo libro. Pagina dopo pagina si sono risvegliati i ricordi. I bambini che allungano la manina alla donna o all’uomo che li ospiterà… ho rivisto Elza, 10 anni, che, scesa dal pullman che l’aveva trasportata da Postumia a Castelnovo ne’ Monti, mi allunga la manina e stringe la mia. E ancora Elza che quando io e mia moglie le indichiamo la cameretta che era stata dei miei due figli ormai cresciuti esclama: “Tutta mia!?” Le rovine del dopoguerra nelle città e nei paesi del sud Italia, e ho rivisto le macerie che la guerra fratricida nella ex Jugoslavia ha lasciato dietro di sé.

Nell’autunno del 1996, per portare solidarietà alle famiglie dei bambini ospitati negli anni precedenti e nel frattempo ritornati in patria, ho girato gran parte della Bosnia e ho potuto vedere con i miei occhi.
Leggo avidamente, mi commuovo, impreco, ricordo che anche nelle campagne dove sono nato io (sono figlio di un mugnaio-mezzadro) la solidarietà tra famiglie era molto presente.

Leggo e quando arrivo quasi alla fine della pagina 197 un nome mi fa sussultare: Maria Campagna. Quel nome non mi è nuovo. Mi sforzo di ricordare e scopro perché non mi suona nuovo. Nell’autunno del 1997 (del periodo sono certo per una coincidenza: avevo da poco pubblicato il mio primo romanzo) ho intervistato una maestra con quel nome. Campagna non è un cognome diffuso in provincia di Reggio Emilia, quindi può essere proprio lei la maestra che mi parlò della sua vita. Forse anche di un bambino ospitato, ma non ne sono sicuro. Ho cercato l’articolo tra le centinaia che conservo nella memoria del computer, ma non l’ho trovato: sono passati quasi 25 anni e può essere andato perduto. Conservo un archivio cartaceo, come avrò un po’ di tempo proverò a cercarlo. Purtroppo sono abbastanza disordinato, quindi la ricerca può non essere facile.

Continuo a leggere e a pagina 250 altro sussulto. Scopro che Gennaro, figlio di Aldo, e la moglie hanno ospitato un bambino ucraino. Biondo come quasi tutti i bambini che la mia e altre famiglie hanno ospitato per anni. Biondo come Marina e Valentina, ospitate la prima dal 1997 al 1999, la seconda dal 2000 al 2006. Anche loro non parlavano italiano, ma riuscimmo a capirci in fretta. Ho letto e giù altri ricordi, uno in particolare: la visita in Ucraina che mi ha portato fin dentro a ciò che restava della famigerata centrale di Chernobyl. Era l’anno 2000. Maxim si chiamava il bimbo ospitato da Gennaro ed era biondo; Maxim si chiama uno dei bimbi portati allora in Italia ed era biondo. La famiglia che lo ospitò lo ha poi accolto definitivamente e credo sia ancora qui, anche se non lo vedo da tempo perché la sua famiglia italiana abita in un altro comune.

Non voglio farle perdere altro tempo. Concludo ringraziandola per avere riportato alla luce questi ricordi di un‘Italia tanto povera di mezzi quanto ricca di umanità. Ringraziarla per le emozioni (e gli interrogativi) che mi ha regalato.
La saluto e mi congratulo con lei.

Castelnovo ne’ Monti, 21/02/2022
Armido Malvolti

armidomalvolti.blogspot.com