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Il racconto di Laura Pece e Stefano Greco (Teatri della Viscosa)

Era un periodo molto infuocato sull’argomento migrazioni, in cui non si parlava altro che di immigrati ed emigranti, e di paralleli storici sulle ragioni che portano oggi molte persone a scegliere l’Europa come prima gli Italiani sceglievano le Americhe. Ovviamente, anche noi, come teatranti, ci siamo interrogati sulla possibilità di trovare una chiave di lettura che raccontasse questo fenomeno e il suo parallelo. Ci premeva, però, trovare una storia che non fosse solo tragica ma, anche, fosse in grado di raccontare la capacità degli esseri umani di sostenersi ed essere solidali.

Le storie tristi raccontate in teatro o al cinema, aiutano a tenere i piedi a terra e gli occhi aperti, ma le storie belle aiutano a reagire e a trovare una motivazione per affrontare le situazioni spiacevoli. Su quest’ultimo punto cerchiamo di fondare i nostri spettacoli, i quali anche se trattano temi forti e tristi, si legano ad una idea di commedia, dove il finale resta aperto verso una visione positiva.

Nel 2016 era già un anno che cercavamo una storia da portare in teatro e il caso ha voluto che, nel momento in cui Giovanni Rinaldi presentava il suo libro I treni della felicità al C.S.O.A. Scurìa di Foggia, noi eravamo lì, in città, e decidevamo di andare. L’incontro è stato amore a prima vista, era una bellissima storia di solidarietà, il tassello mancante, la motivazione, la reazione umana necessaria ogni volta che la storia pone le persone, a prescindere dal colore della loro pelle, davanti alla violenza (naturale o indotta). La solidarietà è stata il motore del superamento di tantissimi periodi bui della storia dell’essere umano, ecco perché abbiamo trovato in quelle memorie la giusta chiave di lettura.
Entusiasti siamo andati da Giovanni a dirgli che saremmo stati felici di poter prendere spunto dal suo libro e il fatto che Giovanni stesso ci abbia incoraggiato, ha acceso nel nostro sguardo la scintilla per cominciare.

Approfondendo l’argomento ci siamo misurati anche con tutte le difficoltà che le azioni di solidarietà devono affrontare: ideologie politiche, religiose, paure collettive, pregiudizi. Così, come teatranti e commedianti, abbiamo messo la nostra capacità a servizio del nostro tempo e abbiamo deciso di prendere spunto dalla storia narrata nel libro di Rinaldi, perché non solo porta alla luce delle bellissime memorie, ma racconta anche quella parte tragica e difficile del secondo dopoguerra: la forte repressione delle lotte bracciantili che chiedevano riforme, il ruolo coraggioso delle donne spesso nascosto, la grandissima distanza che esisteva ancora tra nord e sud Italia.

Con queste premesse, tutto lentamente ha preso forma nella nostra testa concludendosi nel progetto teatrale Criucc, una storia di solidarietà. Criucc’ nel dialetto di un piccolo paese vicino Foggia, significa creatura, ovvero bambino. Ogni personaggio da noi descritto nel progetto Criucc’, ha avuto, a suo modo, il coraggio di affrontare pregiudizi ed oppressioni. Noi dobbiamo imparare da questo coraggio, e non dalla paura, il modo di stare al mondo.

“Le luci nel mare…” (ph. Beppe Fontana)

Ora, la maggior parte delle idee di spettacolo, per le compagnie che non viaggiano, come noi, nel mainstream, non vedono la luce per mancanza di spazi prove e possibilità economiche ma, per fortuna, questo nostro progetto ha visto l’interessamento di una realtà umbra, “Verdecoprente” con Rossella Viti e Roberto Giannini, che hanno deciso di darci fiducia. Grazie a loro, nel 2017, abbiamo potuto dare l’impulso vitale a questa idea totalmente autoprodotta. Come duo nato nell’underground romano ci siamo sempre rivolti ad un pubblico non addetto ai lavori e quindi anche il nostro linguaggio si pone come un dialogo con le persone e, a volte, spezzando quella dimensione sacra del luogo inviolabile che è lo spazio dell’attore e del testo, amiamo la ricerca della complicità nella misura in cui diventa un’esperienza collettiva viva attraverso il respiro del pubblico.

Ci siamo inventati qualcosa? Assolutamente no, navighiamo in quello che può essere considerato teatro di tradizione, la prosa, ma gestiamo lo spazio teatrale come la piazza, la strada, dove i primi attori professionisti non solo raccontavano delle belle storie ma anche, a volte, denunciavano con una risata la violenza del potere di turno.
Durante tutti i nostri spettacoli abbiamo sempre avuto dei bellissimi feedback dal pubblico arrivando a vincere, proprio con il progetto Criucc’ il racconto dei treni della felicità il Premio del Pubblico al Palio Ermo Colle di Parma con quasi il massimo del punteggio, tuttavia, meno entusiasmanti se non assenti i commenti della critica. Di questo, seppur conosciamo l’importanza e la ricerca forsennata di articoli che molte compagnie bramano, per noi non è stato mai un grande desiderio.

Ad oggi, la nostra critica è il pubblico senza abbonamento, quello che si incontra per le strade e nelle lotte quotidiane, nei piccoli centri e nei piccoli teatri. Quel pubblico, che ancora alza la mano e dice “io, io ero uno di quei bambini” e racconta e si racconta. Così una serata di teatro a Latina diventa esperienza di vita grazie a Tonino Mancino, oggi residente qui, ma all’epoca uno dei bambini lucani che salirono sui treni della felicità.

Ci basta? Certo che no, siamo sempre teatranti, affamati di pubblico e di storie, ogni anno andiamo alla ricerca di nuovi teatri, nuovi pubblici, nuove opportunità seguendo la nostra strada e la nostra indole, che potrà anche mutare con il tempo, com’è giusto che sia quando una cosa è viva.

Ogni epoca ha i suoi metri di giudizio e parametri a cui appoggiarsi ed è un dato di fatto, ma, noi riteniamo che ogni artista, per quanto poco conosciuto, debba percorrere la sua strada creativa senza preoccuparsi troppo del giudizio del mainstream che, se mai arriverà, sarà necessario gestire e non inseguire. La storia de I treni della felicità è stato un bellissimo incontro e un bellissimo risultato, che non avremmo mai potuto raggiungere senza la ricerca di Giovanni Rinaldi. Questo ci dimostra quanto importante sia la sinergia tra diverse sensibilità.

In conclusione riteniamo che il teatro non debba solo far riflettere ma anche provocare, per instillare quelle reazioni spesso chiuse nel cassetto dei ricordi. Dobbiamo ricordare le cose brutte, perché non accadano ancora, ma ricordare anche quelle belle per tramandarle e sostenerle come pratiche comuni, quotidiane, di solidarietà e di lotta. Il teatro è un allenamento all’immaginazione, un allenamento mentale alla creazione di finali diversi da quelli che, nostro malgrado, ci vengono prospettati.
Siamo i Teatri della Viscosa, raccontiamo storie a modo nostro.
Siamo solo commedianti, vagabondi e itineranti.
Immigrati per sempre, anche a casa nostra.
Siamo voci che forse riemergeranno nei vostri lontani ricordi, mentre racconterete una storia, a modo vostro.

Stefano Greco e Laura Pece (ph. Marco Pieropan)

Frammenti dal copione

SCENA 2 (Peppino e il treno)
Peppino
Che brutti scherzi che ti fa la memoria. Tu guarda un po’.
Che uno si dimentica le cose brutte.
Ma la cosa più brutta è quando ci si dimentica le cose belle. […]
Nu bello jurn s’appresent a la porta o sor Giuann, ‘n’amico di papà, co ‘na signora bella vestuta che mi dice: “Peppino tu e tua sorella vestitevi che andiamo. Prendete tutte le cose vostre e andiamo. Peppino guardami, ci saranno scarpe per tutti quanti. Ora passiamo a trovare mamma e papà in carcere e poi andiamo a fare un giro sul treno!”
Sul treno? Fu una sorpresa, che felicità. A momenti facevo la pipì dall’emozione.
E pure mia sorella. Iniziammo a saltare come saltano i bambini quando sono felici. E fu così che io e mia sorella, senza vestiti, senza scarpe, senza mamma e papà ci ritrovammo su un treno, felici.
Felici come ‘na pasqua!

Laura Pece interpreta Teresa Noce (ph. Renato Zuani)

SCENA 3 (Teresa Noce)
Teresa Noce
Tutto ebbe inizio a Milano nell’autunno del 1945.
Le compagne si misero a lavoro nel mio piccolo ufficio di Milano, chiamato l’ufficio della stufa rossa […]
I bambini affamati erano tantissimi, pieni di croste e pidocchi, bambini che vivevano sotto le macerie. […]
Le porte di molte città si aprirono. Quelle dell’Emilia, della Toscana, della Liguria, delle Marche e di tante altre città. […] e allora organizzammo i treni!
Il sindaco di Modena li chiamò “treni della felicità”. […]
In quell’ufficio della stufa rossa capimmo che trasformare i rapporti umani è rivoluzione. Che la solidarietà attiva non è carità. È rivoluzione. Che togliersi le etichette quando c’è chi soffre è rivoluzione. Tutto svanisce nel tempo. Resta solo un’immagine, l’esperienza umana, quello che siamo. Il nostro lascito. […]

Bambini in treno (ph. Beppe Fontana)

SCENA 4 (la stazione)
Peppino
Appena sentuto l’annuncio tutti i bambini si precipitarono nel treno. Nu via vai nel corridoio. Bambini che saltavano che correvano.
Chi si arrampicava su lu portapacchi.
Chi andava spiann sotto li sedili se ce steva qualche cosa.
Bambini che ridevano, bambini che piangevano. Chi salutava da lu finestrino. […] io pensavo solo a lu tren e a quanto ero fortunato di essere stato scelto per viaggiare su lu treno!

http://www.teatridellaviscosa.com/criucc-i-treni-della-felicita

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Il libro con le storie dei bambini dei “treni della felicità:
Giovanni Rinaldi, C’ero anch’io su quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l’Italia, Solferino, 2021