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Voltana di Lugo di Romagna, 28 novembre 2009.
Presentazione del libro “I treni della felicità” con la partecipazione di molti testimoni, protagonisti del reportage narrativo.

L’intervento dell’autore Giovanni Rinaldi.

Cari amici, innanzitutto non posso non avviare questo mio breve intervento con l’emozione che provo a stare qui con voi. Ci sono voluti sette lunghi anni per congiungere una felice intuizione alla pubblicazione del risultato di questa mia ricerca.

Quello che sento di dirvi è soprattutto grazie. Un grazie a nome dei tanti della mia terra che da bambini sono stati qui da voi, dai vostri parenti, padri, mamme, nonni, ospitati come figli e per la maggior parte restituiti alle famiglie d’origine più forti, più in salute, più ottimisti sul loro futuro. La mia ricerca, le testimonianze raccolte, il libro e il documentario, sono anche il riconoscimento a questa storia, anzi a queste storie, tante e piccole, ma importanti, perché nel loro mosaico si è costruita anche la grande storia del nostro Paese.

Siamo stati ‘attirati’ qui a Lugo di Romagna e Voltana e Massalombarda proprio da alcuni di voi. Da uno in particolare, Igino Poggiali, che ringrazio particolarmente per aver colto quanto forte era il legame tra la nostra ricerca e la storia del vostro territorio. Poi ricordo la collaborazione eccezionale di Alfredo Folicaldi, vero motore della ricerca, che con la stessa nostra caparbia e passione, nel tempo, ha letteralmente `scovato’ testimoni e protagonisti.

All’inizio sembrava che nessuno ricordasse, la memoria infatti, se non viene sollecitata costantemente, si atrofizza e si perde. Poi i primi incontri con le donne accompagnatrici nei treni carichi di bambini. Ida Cavallini e Irma Siroli a Lugo, poi come una rete, una catena, i testimoni uno alla volta ci hanno accompagnato dagli altri. E la memoria si è aperta, ha trovato motivazioni e nuova voglia di narrare quello che non era stato dimenticato, ma rimaneva sepolto dal mare di informazioni che quotidianamente il modo di oggi scarica su di noi. E siamo arrivati a casa dei Morelli e della loro Rosanna De Luca, di Giovanna Pagani ed Emma Rossi e dei loro bambini sardi. Abbiamo scoperto le storie di bambini impauriti che vi temevano come mostri, comunisti che mangiavano i bambini. Scoprendo poi la vostra capacità di voler bene, accogliere, aiutare a crescere e a scoprire che un mondo nuovo era possibile. Alcuni di quei bambini, come Rosanna, Umberto Mafferri Randi e altri, sono poi rimasti a vivere tra voi, come nuovi parenti e concittadini.

Non si può non pensare ai giorni nostri, raccontando queste storie. Altra gente, povera come quei bambini, magari con il colore della pelle diverso, arriva oggi non con i ‘treni della felicità’, ma con i gommoni, dentro i Tir, nascosti e considerati sempre e comunque invasori e malvagi. Forse l’Italia che avete contribuito a costruire con il vostro impegno, la vostra idea di politica, e i vostri valori, sta pian piano perdendo mattoni e bisognerà riprendere a ricostruire e restaurare quello che ogni giorno, purtroppo viene distrutto.

Quello che per me è stato soprattutto importante è far venir fuori non solo l’aspetto collettivo, il grande movimento o la capacità organizzativa, pur importantissima, delle formazioni politiche e sindacali che quel movimento organizzarono, ma l’impegno individuale, familiare, in cui ognuno sentiva la forza e il dovere di far qualcosa senza aspettare che lo facessero altri. Oggi più facilmente, all’apparenza, l’aiuto agli altri spesso si estrinseca nell’invio di un sms che in un attimo consegna l’euro o i due euro in ogni parte della Terra. Ma c’è, come allora, chi, anche fuori dalle forme politiche organizzate, lavora nel volontariato e nelle associazioni per dare il proprio contributo concreto di solidarietà. È più facile trovare tra questi nuovi militanti dell’impegno civile la memoria di quello che in queste terre si è fatto, con valori e ideale apparentemente differenti.

Un altro aspetto, per me, è stato importante sottolineare, nell’intrecciare e raccontare queste storie. Queste terre furono attraversate, nei tremendi anni del dopoguerra dai postumi delle devastazioni morali e fisiche che il fascismo e la guerra avevano prodotto, ma anche dalle vendette e dalle reazioni ugualmente violente che provarono a chiudere definitivamente con quella storia che ancora tentava di prendere il sopravvento. Le famiglie che si offrirono di ospitare e accudire i bambini provenienti da altre terre provarono un’altra strada per chiudere il capitolo di una storia di oppressione e violenza. Provarono una strada di pace, aprirono il cuore invece di chiuderlo, aprirono le menti a nuove parole, nuovi affetti, come ci ha raccontato Lorica Filippi, che decise di “ospitare una bambina che aveva bisogno di aiuto anche per colmare il vuoto immenso lasciato da mio padre e i miei due fratelli trucidati dai fascisti”.

Le storie come quella della famiglia Morelli e delle altre, dell’intera Romagna e dell’Emilia, sono state per troppo tempo accantonate e dimenticate. Spero, dopo questo mio lavoro e questo libro, di poter proseguire in questa ricerca per dimostrare che i mille piccoli tasselli di questa storia, tutti differenti e ugualmente preziosi compongono il volto di questa terra, nota oggi per la sua ospitalità, che a ben vedere è molto più antica di quanto pensiamo.

Il mio augurio è che le Istituzioni locali, le scuole, il sindacato, si facciano carico di rilanciare questo lavoro, non accontentandosi del transitorio successo di un libro, ma sappiano far diventare metodo e organizzazione la ricerca, lo studio e la promozione di questo patrimonio. Una fatica collettiva che non può essere demandata solo a singoli, sia pur motivati e appassionati, ma che deve diventare prassi costante e progetto culturale condiviso. Altrimenti la memoria, delle cose migliori, come sempre, tornerà a nascondersi nel buio.

Grazie per aver accolto anche me, che ho provato a farmi interprete narrativo della vostra storia.

(da “Almanacco 2009”, Voltana di Lugo di Romagna, pp. 27-29, intervento tenuto durante l’incontro del 28 novembre 2009 a Ca’ Vecchia a cui parteciparono l’assessore Ombretta Toschi, il presidente della consulta Enrico Marangoni, Valeria Monti per la Cgil provinciale, Angela Arfilli per l’UDI, Renzo Morelli in rappresentanza delle famiglie voltanesi ospitanti)