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Nel libro di Viola Ardone Il treno dei bambini (Einaudi 2019), che pure evidenzia, quasi in ogni pagina, riferimenti diretti a storie e avvenimenti reali del secondo dopoguerra italiano, è mancata, come ci si sarebbe aspettati, una nota finale con le fonti storiche o i testi da cui l’autrice ha tratto ispirazione diretta, o ringraziamenti a chi prima di lei proprio questi avvenimenti e storie ha vissuto o ricercati, scoperti e raccontati.
Nelle parti prima e seconda avevamo individuato i riferimenti al racconto di Gaetano Macchiaroli, al documentario/testo di Simona Cappiello e al testo di Giulia Buffardi).
In questa individueremo i riferimenti ai lavori di Giovanni Rinaldi.
[N.B. a sorpresa nella Nona edizione del romanzo “Il treno dei bambini”, distribuita in Italia a febbraio 2020, dopo le tante sollecitazioni in tal senso ricevute, la casa editrice Einaudi ha pubblicato due pagine con una “Principale bibliografia di riferimento” introdotta così dall’Autrice: “Vorrei anche menzionare Giulia Buffardi, Simona Cappiello e Manolo Turri Dall’Orto, Alessandro Piva e Giovanni Rinaldi, le cui opere sulle vicende storiche che fanno da sfondo al mio romanzo possono rappresentare preziose occasioni di approfondimento per il lettore.”;
nulla invece è stato aggiunto nella edizione speciale per EuroClub Mondadori e nelle edizioni estere pubblicate, dal mese di febbraio in poi, in Bulgaria, Romania, Paesi Bassi, Danimarca, Repubblica Ceca, Slovenia, Portogallo, Spagna, Lituania, Ungheria, Francia, U.S.A]

Premessa
I due protagonisti del romanzo, Amerigo e Derna, a quali personaggi reali sono ispirati?
Nella sinossi in lingua inglese del romanzo, dall’ottobre 2018, nei siti web delle agenzie letterarie – l’italiana Alferj e Prestia e l’internazionale 2SEASagency – che curano i diritti dell’autrice del romanzo, vengono descritti i protagonisti principali: Derna Scandali, sindacalista di Ancona e Amerigo, bambino di Napoli, che da lei viene accolto ad Ancona, dove poi sceglierà di risiedere. La madre di Amerigo gli nasconderà le lettere spedite da Ancona.
“Amerigo feels lost: the woman who takes her away with her, Derna Scandali, a trade unionist from Ancona.”
“One day he discovers that his mother, in order to interrupt the contacts between him and his adoptive family, has been hiding from him the letters sent from Ancona.”
“After his night-time escape of many years earlier he was welcomed back by his adoptive family and, with his mother’s consent, settled in Ancona.”
La stessa Viola Ardone, intervistata da Ugo Cundari per “Il Mattino” del 14 ottobre 2018 dichiara: “Il protagonista del mio romanzo, Amerigo, lascia la madre ai Quartieri Spagnoli e per sei mesi vive ad Ancona.” E, intervistata da Pierluigi Razzano per “la Repubblica” del 16 dicembre 2018, conferma: “[il protagonista Amerigo] sale su un treno insieme a tantissimi altri bambini, lascia la sua famiglia, arriva ad Ancona.”
Un anno dopo, il 24 settembre 2019, alla pubblicazione del romanzo, Derna Scandali diventa Derna e Ancona diventa Modena. Viola Ardone in molte interviste riconoscerà di essersi ispirata alla figura di Derna Scandali, ma mai alla storia del suo incontro con Americo Marino, che definisce sempre “personaggio di fantasia”. In una intervista dichiara a Rosa Carnevale (blog Rakutenkobo 10 ottobre 2019): “Il nome di Derna mi è stato ispirato da Derna Scandali, una sindacalista marchigiana che partecipò anche lei a questa grande operazione di solidarietà nazionale, ospitando un bambino pugliese”.
Viola Ardone dichiara spesso di essersi ispirata a reali personaggi storici per i suoi personaggi: Maddalena ‘Lenuccia’ Cerasuolo (la Criscuolo che ha salvato il ponte del rione Sanità), Guido Piegari (il biondino), la Pachiochia, Maurizio Valenzi (il compagno Maurizio), Gaetano Macchiaroli (uno secco e lungo, con le lenti), Derna Scandali (ha in petto la spilletta con la bandiera dei comunisti), Alfeo Corassori (il sindaco).
Rimane quindi ‘non riconosciuto ufficialmente’ dall’autrice del romanzo, Americo Marino, anche lui reale personaggio storico, ancora vivente, la cui storia è stata raccontata molti anni fa.
La storia dell’incontro tra Americo Marino, bambino di San Severo, che ad Ancona incontra Derna Scandali e ad Ancona sceglierà di rimanere a vivere, fu descritta già nel 1999 nella tesi di Laura Volponi, Una vita femminile alla CGIL. L’impegno di Derna Scandali dal 1944 al 1978, Bologna (studio che ritroviamo nel successivo saggio della stessa autrice E le donne scoprirono il sindacato. Derna Scandali una vita nella CGIL, Quaderni del Consiglio regionale delle Marche, a. XII, n. 80, febbr. 2007).
La storia di Americo e Derna riappare in forma narrativa, integrata dalle nuove interviste e con la citazione dei due studi della Volponi, nel libro di Giovanni Rinaldi I treni della felicità (Ediesse 2009): si veda l’intero capitolo “Americo e il mondo nuovo”.
Americo Marino e Derna Scandali sono anche tra i testimoni presenti nel documentario Pasta nera di Alessandro Piva (2011). Su questo aspetto (Americo persona reale – Amerigo personaggio letterario) si può ora leggere anche qui.
Le corrispondenze testuali
I lavori di Rinaldi presi in considerazione per la comparazione sono: 1) I treni della felicità. Storie di bambini in viaggio tra due Italie, Ediesse 2009, 2) “Memorandom” blog personale, 2018 (in particolare “La storia di Vincenzo“), 3) “I treni della felicità” pagina Facebook, 2009-2019.
“Americo/Amerigo e l’America”
RINALDI p. 59 Americo
Racconta di chiamarsi Americo proprio perché i suoi genitori, Michele e Giuseppina Napolitano, avevano il mito dell’America, dove speravano di poter andare un giorno, e ricorda che nel 1950 c’era la miseria, la povertà.
ARDONE p. 11 Amerigo
Di nome invece faccio Amerigo. Il nome me l’ha dato mio padre. Io non l’ho mai conosciuto e, ogni volta che chiedo, mia mamma alza gli occhi al cielo come quando viene a piovere e lei non ha fatto in tempo a entrare i panni stesi. Dice che è proprio un grand’uomo. È partito per l’America per fare fortuna.
“Le scarpe degli altri”
RINALDI p. 81 (Il racconto di Erminia Tancredi)
C’era un patronato dove ci consegnavano le scarpe, gratis, e quando arrivavi poteva darsi che il tuo numero non c’era, e allora mamma diceva: “Spingi il piede, prendile, che magari servono per qualcun altro”. Ma le scarpe non l’avevamo quasi nessuno. Adesso mi trovo con tanti reumatismi…
ARDONE p. 5 Amerigo
Io scarpe mie non ne ho avute mai, porto quelle degli altri e mi fanno sempre male. Sono le scarpe degli altri. Hanno la forma dei piedi che le hanno usate prima di me. (…) Si devono abituare mano mano, ma intanto il piede cresce, le scarpe si fanno piccole e stiamo punto e a capo.
“Venditore di stracci col ‘cocuzzolo’ – il patrigno”
RINALDI blog (La storia di Vincenzo Maione)
Mia madre vendeva, su una bancarella, per strada gli stracci, tessuti e vestiti usati dei prigionieri degli inglesi (degli americani). Roba sporca, piena di pulci. Dovevamo pulirla, lavarla, strofinarla, per riuscire a venderla a quelli meno poveri di noi. Io avevo 9 anni. Lavoravo dalla mattina alla sera. Sempre a piedi, dovunque, fino a Napoli, andavo a prendere questi stracci, pezze, vestiti usati, e li portavo a mia madre a Pozzuoli. Poi trasportavo anche la frutta. Grandi ceste pesanti che tenevo in equilibrio sulla testa. Dopo un po’ di tempo, sulla testa, i capelli cominciarono a cadere per lo sfregamento della cesta e rimasi col cocuzzolo pelato (…) Mio padre non c’era, mia madre viveva sola, e si mise con un uomo che divenne il mio patrigno. non ci sopportavamo, lui non ne voleva sapere di me. Era violento, non ci sopportavamo, lui non ne voleva sapere di me. Non ricordo gesti di affetto o parole buone, mi diceva solo cosa dovevo fare e io lo facevo, obbedivo. Facevo chilometri a piedi per portare stracci dai capannoni di Napoli fino ai venditori di Pozzuoli o, in bilico sulla testa, pesanti ceste di frutta. ARDONE p. 6 Amerigo
Mia mamma (…) ha detto che almeno mi dovevo imparare una fatica e così mi ha mandato a fare le pezze. All’inizio ero contento: si trattava di andare tutto il giorno in giro a raccogliere gli stracci vecchi casa per casa oppure dentro alla monnezza e portarli al mercato da Capa ‘e fierro. p. 12-13 A me [mia madre] mi manda fuori, dice che devono faticare, lui [l’amante] e lei. Allora io esco e vado a cercare le pezze. Stracci, scarti, vestiti usati dei soldati americani, roba sporca e piena di pulci. All’inizio, quando veniva lui, io non me ne volevo andare: non ci potevo pensare che Capa ‘e fierro veniva a fare il padrone in casa mia. (…) Le pezze che raccolgo le porto a casa, mia mamma le deve pulire, strofinare, ricucire, così alla fine gliele diamo a Capa ‘e fierro, che tiene il banco a piazza Mercato (…) Le pezze che trovo le metto in una cesta che mi ha dato mia mamma. Dato che la cesta quando si riempie diventa pesante, io ho iniziato a portarla sopra la testa, come ho visto fare alle femmine dentro al mercato. Ma poi, porta oggi e porta domani, mi sono caduti i capelli e sono rimasto col cocuzzolo pelato.
“L’Albergo dei poveri, i cappotti lanciati dai finestrini”
RINALDI p. 93-94 [citazione, virgolettata, dal racconto di Gaetano Macchiaroli riportato nel libro “Cari bambini vi aspettiamo con gioia…” (Teti, Milano 1980, p. 75)]
Il principale organizzatore di questi viaggi, Gaetano Macchiaroli, descrive un episodio avvenuto alla partenza del primo convoglio da Napoli, che evidenziale condizioni familiari di estrema povertà che si lasciavano alle spalle questi bambini: “Il primo treno era pronto. Tutto era stato disposto con cura. I bambini affluivano all’Albergo dei poveri per le docce e per la colazione calda. Lì ricevevano i cappotti che ci aveva fatto avere il ministro per l’assistenza post-bellica, Emilio Sereni. Distribuiti i cappotti secondo le “taglie”, le compagne dell’UDI cucivano i numeri corrispondenti agli elenchi e alle schede sociosanitarie che avrebbero seguito i bambini. Ogni aula corrispondeva all’autobus e poi al vagone ferroviario. Mi pareva, come responsabile dei trasporti, che tutto fosse stato previsto. Invece non avevamo previsto che alla stazione le madri avrebbero sottratto i cappotti ai loro figli in partenza per darli ai fratelli che rimanevano a casa. Ai partenti avremmo pensato noi le famiglie ospiti! (…) Così mentre i ferrovieri aggiungevano un secondo carro riscaldatore…”
ARDONE p. 23
Arriviamo davanti a un palazzo lungo lungo. Dice mia mamma Antonietta che è l’Albergo dei Poveri. (…) Mia mamma dice che siamo venuti qua perché prima di mandarci nel Settentrione ci devono visitare, se siamo sani, se siamo malati, se siamo infettivi…
– E poi, – dice, – ci devono dare i vestiti pesanti, i cappotti e le scarpe, perché là sopra non è come da noi. Ci sta l’inverno. (…)
Davanti all’entrata ci sta una signorina (…) Dice che ci dobbiamo mettere in fila, che ci devono fare i controlli e poi ci devono cucire il numero per riconoscerci…
p. 41-42 Allora le mamme fuori al treno incominciano a muovere le braccia avanti e indietro e io ci credo che ci stanno salutando. Invece no. Tutte le creature sopra al treno si sfilano i cappotti e li buttano dai finestrini per darli alle mamme (…)
– Questo era il patto: i bambini che partono lasciano i cappotti ai fratelli che restano, perché nell’alta Italia l’inverno è freddo, ma pure qua non è che fa caldo.
– E noi? – dico io.
– A noi i comunisti ce li dànno un’altra volta, tanto loro sono ricchi e se li possono permettere (…) alla fine decidono che attaccheranno al treno un altro carro riscaldatore per alzare la temperatura.
“In treno, guardando fuori dal finestrino”
RINALDI blog (La storia di Vincenzo Maione)
Guardando dal finestrino vedevo solo rovine, carri armati capovolti o fusoliere di aereo distrutte. Era tutto distrutto, dovunque passavamo.
ARDONE p. 50 Amerigo
Guardo fuori dal finestrino e vedo solo rovine. Carri armati capovolti, cabine di aereo distrutte, palazzi mezzo crollati.
“Il mare dal finestrino del treno”
RINALDI p. 78 (Il racconto di Erminia Tancredi)
Il mare, di notte. Il treno arriva ad Ancona. “Già, il mare. Il mare mi ha sconvolto, perché non l’avevo mai visto, di notte poi, con tutte quelle luci. Mi sembrava di essere in una favola, perché dentro quel treno vedevo tutte queste luci che si rispecchiavano nel mare, non potevo riuscire a capire cos’era, perché neanche lo sapevo che c’era il mare. Ho svegliato anche mio fratello dicendogli: “Guarda cosa c’è lì, guarda cosa c’è!”, e poi, dopo, una di quelle signore che ci accompagnavano mi ha detto: “Quello è il mare”.
ARDONE p. 55 Amerigo
Mi faccio spazio pure io davanti al finestrino e lo vedo, dietro la spiaggia ricoperta di neve. All’inizio nemmeno lo riconosco per quanto è diverso: liscio, fermo e grigio come il pelo di un gatto. – Nemmeno il mare avete visto mai? – fa Maddalena.
“Il pianto in treno e le scarpe strette”
RINALDI
p. 65-66 Americo
Questo bambino dentro il treno – a me l’avevano detto gli accompagnatori – aveva pianto sempre, perché gli avevano messo un paio di scarpe della sorella più piccola e gli stavano piccole. Americo: “Questo no me lo ricordo…”. Derna: “Me lo ricordo io. Povero Americo! Dentro al treno hai pianto sempre.
p. 78 Un bambino accucciato su un sedile più in là piange a dirotto. È Americo.
ARDONE p. 51 Amerigo
Perché piangi? – dice. – Ti manca mammà? Io nascondo le lacrime ma mi tengo le carezze. – No no, quando mai, non piango per mia mamma, – dico. – Sono le scarpe. Sono le scarpe strette.
“La scoperta della mortadella”
RINALDI p. 65 Americo
Siamo venuti su con il treno. Nel treno ci hanno dato i panini con la mortadella, era la prima volta che mangiavo la mortadella. Da bambino ho conosciuto la fame: mangiavo una volta al giorno, e soltanto pane.
ARDONE p. 59 [scesi dal treno…] Amerigo
Maddalena prende una fetta di prosciutto con le macchie e se la ficca in bocca. Dice che ci dobbiamo abituare a quelle nuove specialità: la mortadella, il parmigiano, il gorgonzola… Io mi faccio coraggio e provo un pezzo piccolo di prosciutto con le bolle. Mariuccia e Tommasino dalla mia faccia capiscono che è roba buona, assaggiano pure loro e non si fermano più.
“Il gelato sembrava ricotta”
RINALDI p. 67 Americo
Quando mi sono svegliato siamo usciti e mi hanno offerto un gelato. Il primo gelato mangiato in vita mia. E chi lo aveva mai assaggiato un gelato! Tanto vero che quando mi hanno dato il cono con la panna, dicevano: ”Ti piace?”. Sai che gli ho detto? “Assemigghia a’ recotte, sembra una ricotta”. Perché io mangiavo la ricotta, giù! Non conoscevo i gelati.
ARDONE p. 59 Amerigo
Poi arriva una signorina comunista con un carrello pieno di coppette con dentro una schiuma bianca. – ‘A ricotta,’ a ricotta! – dice subito Mariuccia. – ‘A neve, ‘ a neve! – fa Tommasino. Io prendo il cucchiaino e mi infilo in bocca una palla di schiuma bianca. È freddissima e sa di latte e zucchero. – È ricotta con lo zucchero! – insiste Mariuccia.
– È grattata di ghiaccio con il latte! – dice Tommasino. Mariuccia mangia piano piano e alla fine ne lascia un poco nella coppa. – Che c’è, non ti è piaciuto il gelato? – dice Maddalena.

“L’incontro tra Americo/Amerigo e Derna”
RINALDI p. 59
La tesi, scritta da Laura Volponi, parla della biografia politica e sindacale di Derna Scandali, partigiana, dirigente UDI e protagonista della vita sociale di Ancona e nelle Marche. Americo mi dice che è la donna che lo ha accudito appena arrivato ad Ancona e la considera una seconda madre.
ARDONE p. 69
Maddalena dall’altro lato della stanza parla con una signora con la gonna grigia, la camicetta bianca e il cappotto. Dev’essere quella che riporta indietro le creature avanzate, perché ha in petto la spilletta con la bandiera dei comunisti e tiene la faccia serie seria. (…) Si avvicinano tutte e due. Io mi sistemo la giacchetta e mi alzo in piedi. Mi chiamo Derna, – dice. – Amerigo Speranza, faccio io.
“Derna, nubile e senza figli, lascia Americo/Amerigo alla cugina”
RINALDI p. 71 Derna
…per me, che per dedicarmi alla militanza non ho mai pensato al matrimonio, è stato come un figlio.
p. 65 Quando sono arrivati questi bambini mia zia Maria, la madre di Nedda [mia cugina], è venuta alla stazione e ha preso il più piccolo.
ARDONE p. 74 Derna
– Mi dispiace, fiòl, – dice con la voce più morbida, – ma con me non sei capitato tanto bene, di bambini non ne capisco proprio. Figlioli non ne ho. Mia cugina Rosa, lei sì che è brava. Ce ne ha tre.
“Le quattro madri”
RINALDI p. 72 Americo
Due madri, dunque? Mi risponde: “…veramente ne ho avute quattro. Ho avuto mia madre, all’epoca, era il ’43- ’44, c’era la miseria, mia madre non aveva il latte e mi ha allattato una balia e anche lei mi considerava un figlio. Poi la signora Maria e sua figlia Nedda. Quindi se faccio la somma delle madri sono quattro. Ma anche Derna, che ancora oggi mi è qui accanto, ha dato il suo contributo… Forse sono cinque allora, le madri”.
ARDONE p. 79 Amerigo
Mia mamma Antonietta mi ha dato a Maddalena, Maddalena mi ha consegnato alla signora Derna, Derna mi manda a casa di sua cugina Rosa, e questa Rosa chissà a chi mi vorrà mollare.
“I nuovi vestiti di Americo/Amerigo”
RINALDI p. 66
Dopo pranzo Americo è tornato giù, il barbiere di sotto gli aveva tagliato i capelli, lo aveva lavato, poi vestito con gli abiti del nipote di mia cugina, e tutti lo guardavano.
ARDONE p. 79
Da un armadio di legno scuro la signora tira fuori i vestiti: maglie di lana, pantaloni, camicie. Erano del figlio più grande di Rosa e adesso sono miei.
“Mano nella mano”
RINALDI p. 72 Americo e Derna
Si allontanano poi mano nella mano verso la porta in fondo al corridoio.
ARDONE p. 80 Amerigo e Derna
E così ce ne andiamo, mano nella mano.
“Il fiolo di Derna”
RINALDIp. 71
[Derna:] le mie amiche quando lo vedevano gli dicevano: “Il fiolo di Derna, il fiolo di Derna!”.
ARDONE p. 69
[Derna:] – Questa è Bologna. È una bella città. Ma noi dobbiamo andare a casa. – Mi portate a casa, signò? – chiedo io. – Certo, fiòl.
p. 73 – In Russia, povero fiòl! Ma che vi hanno raccontato laggiù?
p. 74 – Dimmi, fiòl, ma devi chiamarmi Derna… (…) – Bevi tranquillo, fiòl… (…) – Mi dispiace, fiòl…
“La festa in piazza per i bambini e lo schiaffo del segretario del partito”
RINALDI p. 115 (Il racconto di Ida Cavallini, militante UDI)
Un anno, il ’55 o il ’56, io voglio fare l’albero di Natale e cerchiamo da tutti i negozianti i biscotti, le caramelle, dicendo loro: ‘Vogliamo fare l’albero di Natale per i bambini’. (…) Poi raduniamo tanti, ma tanti di quei bambini nella Camera del lavoro per la distribuzione dei doni offerti da tutti i negozi, che la Camera del lavoro io avevo paura che venisse giù. E poi davamo tutto quello che avevamo raccolto: ‘sti bambini sembravano matti. Dopo facemmo il girotondo intorno all’albero di Natale. Io ero malata di esaurimento organico, avevo delle ghiandole così, con la febbre, lavorai lo stesso e alla fine scattammo una foto ricordo. Mi viene l’idea di farla vedere a Magnani, segretario comunale del PCI, e lui inaspettatamente mi rimprovera: “E a te chi ti ha detto di fare queste cose?!”, “Noi le abbiam fatte!” risposi. E lui mi diede uno schiaffo! Piangendo me ne andai, ma non dimenticherò mai questa cosa. Dovevo dirgli: “Mussolini l’è mort!” Capito? Questo per dirvi come erano trattate le compagne dell’UDI da certi compagni.
ARDONE p. 125 Derna
La piazza grande, con il campanile alto alto, è piena di luci e festoni, le compagne sono vestite da befane, (…) Tutti noi bambini, quelli di sopra e quelli di giù, riceviamo un sacchetto con le caramelle e una marionetta di legno. (…) Quando si è trattato di organizzare la Befana del partigiano, la sera ci sedevamo al tavolo della cucina (…) Dopo l’ultima riunione per la festa, però, Derna è venuta a prendermi con la faccia scura. (…) quando si è tolta il cappotto, ho visto che aveva la guancia rossa, come se avesse preso troppo sole o troppo freddo. (…) Il giorno dopo (…) ho sentito Derna che parlava con Rosa. Diceva che era stato un compagno, un pezzo grosso che era venuto alla riunione. Sull’organizzazione della festa non aveva avuto niente da dire, perché lei e le altre avevano preparato tutto bene. Poi il pezzo grosso aveva voluto parlare con lei da solo. Derna gli aveva spiegato quello che stava facendo con il sindacato e la campagna elettorale. Lui le aveva fatto capire che era meglio se pensava solamente alle feste per i bambini e alla beneficenza per i poveri. (…) Derna aveva detto al pezzo grosso che c’erano donne che avevano combattuto insieme ai partigiani, che avevano sparato con la pistola e avevano avuto anche la medaglia. (…) Quello allora le aveva chiesto se la voleva pure lei la medaglia. Derna aveva risposto che a molte donne la medaglia dovrebbero darla per continuare a stare nel partito. E a quel punto lui le aveva dato uno schiaffo, forte. Lei non aveva pianto, diceva a Rosa. (…) Invece Derna si era messa a cantare (…) “Sebben che siamo donne, paura non abbiamo…”.
“Al mare con Derna e la voglia di restare”
RINALDI p. 71 Derna
Lo portavo alle colonie al mare. Ne gestivamo una a Palombina vecchia per i figli degli operai del Cantiere navale, e le mie amiche quando lo vedevano gli dicevano: “Il fiolo di Derna, il fiolo di Derna!”. Poi dopo una pausa, continua: “Che Americo rimanesse ad Ancona… ce pensavamo, ce pensavamo…”.
ARDONE p. 133-134 Amerigo
– Oggi ce ne andiamo tutti al mare, – e infila in un cestino i panini col formaggio e il culatello [sic, ndr], e una bottiglia d’acqua.
(…) Io guardo Derna, Rosa e Alcide. Chissà se anche loro mi vorrebbero tenere per sempre. (…) – Non mi lasciare, – le dico stringendola forte.
– Non ti lascio, – risponde Derna. – Io ci sarò sempre.
“Il ritorno e la madre indifferente”
RINALDI blog (La storia di Vincenzo Maione)
Dal momento del ritorno a casa, in poi, mia madre non mi ha mai chiesto nulla di quello che avevo fatto con la famiglia che mi aveva ospitato. Non mi ha mai domandato come ero stato, se ero stato bene, se mi avessero trattato bene. Niente, non mi domandò mai niente.
ARDONE p. 144 Amerigo
Per tutta la strada del ritorno parlo solo io. Mia mamma cammina in silenzio e non mi fa domande.
(…) Continuo a raccontare della casa, del mangiare, della scuola, ma lei non mi sta a sentire. Come quando uno fa un sogno e la mattina dopo lo racconta ma a nessuno interessa.
“Alla stazione a guardare i treni”
RINALDI
p. 65 Americo
Tutti i giorni uscivo di casa e andavo in stazione e stavo lì per ore. Tutti i giorni scappavo e correvo in stazione a guardare i treni che partivano.
p. 126 (Il racconto di Umberto Mafferri Randi)
…i treni mi piacevano. Andavo spesso alla stazione, guardavo i treni e sognavo di partire.
ARDONE p. 152 Amerigo
Ci siamo imparati a memoria tutti gli orari e i binari. Ogni volta che parte il treno per Bologna io osservo quelli che salgono, con le valigie piene e le facce un poco stanche…
“Le lettere occultate e la mamma cattiva”
RINALDI blog (La storia di Vincenzo Maione)
…spesso, negli anni successivi al mio rientro, capivo che zia Maria, da Sinalunga, le scriveva e chiedeva di me. Una volta riuscii a vedere che le aveva mandato una fotografia. (…) Mia madre ricevette tante lettere da zia Maria. In alcune la zia Maria si offriva di adottarmi, voleva che tornassi a Sinalunga per farmi vivere meglio. Queste cose le so perché ogni tanto mia madre se le lasciava sfuggire, ma queste lettere non sono mai riuscito a leggerle, né la fotografia l’ho mai più vista. Mia madre ha fatto sparire tutto e non ne ha mai più parlato. Non lo faceva perché mi voleva bene, non mi ha mai fatto una carezza.
ARDONE p. 153 Amerigo
A me non mi è arrivata nemmeno una lettera. Derna aveva detto che me ne mandava una a settimana. Ma sono trascorsi più di tre mesi, e niente.
p. 159 Maddalena se ne va nell’altra stanza e torna con un fascio di lettere. Le lettere stanno ancora dentro alle buste, con il francobollo sopra. – Ecco qua. Sono tutte.[…] Tua mamma mi aveva detto che venivi tu a ritirare le lettere e poi, invece, passato il santo, passata la festa, e chi si è visto si è visto. Mi dà il pacco di lettere. Dentro ci stanno tutte le parole di Derna, di Rosa, dei fratelli di sopra, di Alcide. (…)
– Non te lo ha detto, – capisce alla fine Maddalena. (…)
– Mia mamma è cattiva. – e scappo fuori.
“Al ritorno, traumatizzato, rifiuta il cibo”
RINALDI p. 70 Americo
Io non accettavo più la vita di laggiù, e una volta ho fatto anche lo sciopero della fame. Non mangiavo più, non mangiavo, perché era stato troppo traumatico quel ritorno.
ARDONE p. 161 Amerigo
A casa, mia mamma mi ha fatto la pasta con le olive nere e i capperi, che mi piaceva assai, prima che partivo. Io mi butto sopra al letto. – Che è stato, non tieni fame? (…) Non sto arrabbiato con lei, però mi è passato l’appetito, pure se sto digiuno da stamattina.
p. 162 – Tu ti devi svegliare da quel sogno, Amerì, la vita tua sta qua. Te ne vai tutto il giorno in giro come uno stonato, tieni sempre il pensiero da un’altra parte, una faccia stravolta. Mo basta, ti vuoi ammalare pure tu?
“La scelta di rimanere a vivere al nord e la madre consenziente”
RINALDI p. 71 Americo
“Mia madre invece questa cosa l’ha accettata subito, perché vedeva che deperivo. Forse aveva la speranza che sarei ritornato successivamente.” (…)
Derna “Che Americo rimanesse ad Ancona… ce pensavamo, ce pensavamo…”
Americo: “La decisione di restare è stata abbastanza… come posso dire…?”.
Derna: “Dolente?”.
Americo: “…dolente… non so, non trovo la definizione. Una decisione voluta, sì, voluta”.
ARDONE p. 182 Amerigo
A casa mia a Milano non ci sei mai voluta venire. Nemmeno a Modena, per tutti gli anni che sono stato con Derna, Alcide e Rosa e anche dopo, quando studiavo al conservatorio.
p. 184 …non riuscii a capire se fossi arrabbiata o no. Dicevi solo che, se loro volevano tenermi, bene, altrimenti dovevo tornare giù immediatamente. Rimasi là.
“Le due fotografie sul muro”
Le due foto, che vedete nello screenshot qui sotto, furono pubblicate lo stesso giorno (il 17 marzo 2011) – e appaiono quindi affiancate nell’album ‘Foto’ della pagina Facebook “I treni della felicità” amministrata da Giovanni Rinaldi –. La foto di gruppo alla stazione di San Severo (conservata in originale nell’archivio privato di Severino Cannelonga a San Severo), in bianco e nero, evidenzia inoltre il ritocco realizzato graficamente da Rinaldi che aggiunse i colori alle bandierine.

RINALDI
p. 37 (Il racconto di Severino Cannelonga)
…i bambini spauriti che ancora stringevano nelle mani le bandierine tricolori che avevano sventolato in stazione prima della partenza.
p. 65 (Il racconto di Americo Marino)
Eravamo in un vagone unico. Avevamo le bandierine tricolore, nel dopoguerra c’era ancora il patriottismo.
ARDONE p. 197
Ci sono molte foto appese alle pareti: in una tanti bambini, maschietti e femminucce, tengono in mano minuscole bandiere tricolori. È in bianco nero, ma le bandiere sono colorate, bianco rosso e verde, e spiccano sul grigio delle facce.
In un’altra i bambini sono a Bologna, hanno trascorso la notte in treno, hanno i vestiti spiegazzati, i visetti stanchi, qualcuno ride nella confusione. Due donne reggono un cartello con sopra scritto: “Siamo i bimbi del Mezzogiorno. La solidarietà e l’amore degli emiliani dimostra che non esistono Nord e Sud. Esiste l’Italia”.
***
Schema di corrispondenze (snodi della trama) tra i due autori
(libro, blog e pagina fb di Giovanni Rinaldi <> romanzo di Viola Ardone)
Rinaldi (libro) / Americo è stato chiamato così dai genitori che sognavano l’America
Ardone / Amerigo, il suo nome glielo ha scelto il padre, emigrato o fuggito in America
Rinaldi (libro) / Erminia T. indossa e deve adattarsi alle scarpe degli altri
Ardone / Amerigo indossa e deve adattarsi alle scarpe degli altri
Rinaldi blog / Vincenzo M. raccoglie stracci e pezze, portando arance in una cesta sulla testa, rimane col ‘cocuzzolo’ pelato
Ardone / Amerigo raccoglie stracci e pezze e, portandoli in una cesta sulla testa, rimane col ‘cocuzzolo pelato’
Rinaldi (blog) / Vincenzo M. guarda fuori dal finestrino del treno e vede solo rovine, carri armati capovolti e fusoliere di aereo distrutte
Ardone / Amerigo guarda fuori dal finestrino del treno e vede solo rovine, carri armati capovolti e cabine [sic] di aereo distrutte
Rinaldi (libro) / Erminia T. guardando dal finestrino scopre il mare meravigliando l’accompagnatrice
Ardone / Amerigo guardando dal finestrino scopre il mare meravigliando l’accompagnatrice
Rinaldi (libro) / Americo piange in treno per le scarpe strette
Ardone / Amerigo piange in treno per le scarpe strette
Rinaldi (libro) / Americo arriva ad Ancona
Ardone / Amerigo arriva a Modena [Ardone prima della pubblicazione del romanzo in un’intervista parla di Ancona]
Rinaldi (libro) / Americo sul treno scopre la mortadella
Ardone / Americo scendendo dal treno scopre la mortadella, il parmigiano e il gorgonzola
Rinaldi (libro) / Americo scambia un gelato per ricotta
Ardone / Amerigo e i suoi amici scambiano un gelato per ricotta
Rinaldi (libro) / Americo ad Ancona incontra Derna Scandali
Ardone / Amerigo a Bologna incontra Derna [Ardone in una intervista dichiara “mi sono ispirata a Derna Scandali, marchigiana, ospitante di un bambino pugliese”]
Rinaldi (libro) / Derna, nubile, lascia Americo alla zia Maria e alla cugina Nedda
Ardone / Derna, nubile, lascia Amerigo alla cugina Rosa
Rinaldi (libro) / Americo dice di essere passato dalle mani della madre ad altre quattro ‘madri’
Ardone / Amerigo dalle mani di sua madre passa da una donna a un’altra
Rinaldi (libro) / Americo viene vestito con gli indumenti del nipote della signora che lo ospita
Ardone / Amerigo viene vestito con gli indumenti del figlio della signora che lo ospita
Rinaldi (libro) / Le donne di Lugo di Romagna organizzano per i bambini ospitati la festa di Natale, e al termine il segretario della sezione del partito schiaffeggia una militante
Ardone / Le donne di Modena organizzano per i bambini ospitati la Befana Partigiana, e al termine della festa un pezzo grosso del partito schiaffeggia una militante
Rinaldi (libro) / Derna porta Americo alle colonie al mare
Ardone / Derna porta Amerigo al mare
Rinaldi (blog) / Vincenzo M. al suo ritorno a casa sente la totale indifferenza della madre (“non mi ha mai domandato come ero stato, se ero stato bene, se mi avessero trattato bene”)
Ardone / Amerigo, al suo ritorno a casa, racconta delle cose belle vissute, e sente il totale disinteresse e l’indifferenza della madre (“mia madre cammina in silenzio e non mi fa domande”)
Rinaldi (libro) / Americo va alla stazione a guardare i treni che partono – Umberto Mafferri Randi andava in stazione e guardava i treni che partivano
Ardone / Amerigo va alla stazione a guardare i treni che partono
Rinaldi (blog) / Vincenzo M. dice che la mamma faceva sparire sempre le lettere indirizzate a lui (“Non lo faceva perché mi voleva bene, non mi ha mai fatto una carezza”)
Ardone / Amerigo scopre che la madre ha occultato le lettere indirizzate a lui dalla famiglia ospitante. (“Mia mamma è cattiva”)
Rinaldi (libro) / Americo al ritorno a casa, traumatizzato dal rientro, fa lo ‘sciopero della fame’
Ardone / Amerigo al ritorno a casa, arrabbiato per l’occultamento delle lettere e, ‘stravolto’, si rifiuta di mangiare
Rinaldi (libro) / Americo, dopo un primo rientro a San Severo, viene rimandato a vivere ad Ancona dalla madre che lo vede deperire
Ardone / Amerigo, dopo un primo rientro a Napoli, deciderà di andare a vivere a Modena
Rinaldi (libro) / Americo racconta che la madre ha accettato la sua scelta di vivere ad Ancona
Ardone / Amerigo racconta, da adulto, che la madre è stata consenziente alla sua scelta di rimanere a vivere a Modena
Rinaldi (libro) / Americo impara il mestiere di barbiere e diventa noto come cultore del vernacolo locale
Ardone / Amerigo impara a suonare il violino e diventa un musicista famoso
Rinaldi (libro) / Americo, da adulto, torna a San Severo in occasioni eccezionali (feste o cerimonie familiari)
Ardone / Amerigo torna, da adulto, a Napoli, per il funerale della madre
***
Questo mio lavoro di comparazione ed individuazione delle possibili fonti alla base del romanzo “Il treno dei bambini” è sommario e non esaustivo, redatto senza aiuto di software particolari, ma semplicemente basandomi sulla conoscenza dei miei testi e di altri che volta per volta “riconoscevo” leggendo le pagine. Altri spunti potrebbero essere quindi individuati, rimandanti ad altri testi ed altri autori, da chiunque voglia ulteriormente approfondire.
Un lavoro di analisi, il mio, nato dalla spinta a voler rendere chiaro al lettore (tanti finora non hanno avuto questa possibilità) che questa narrazione letteraria è risultato di fantasia e creatività dell’autore, ma ispirato direttamente dalle storie, quelle vere e vissute da protagonisti e personaggi reali incontrati e raccontati da altri autori.
Per evitare che si dica “sembra una bella favola”.
Giovanni Rinaldi
(Foggia, dicembre 2019 – agg. settembre 2020)
Leggi anche:
Alle fonti (nascoste?) del romanzo “Il treno dei bambini” parti 1-2
Chi è Americo, protagonista de “Il treno dei bambini di Viola Ardone
Viola Ardone e “le storie che sui libri di storia non esistono”
Scarica il pdf del documento integrale: il-treno-dei-bambini-dossier-rinaldi
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Io ringrazio ancora moltissimo.
I treni della felicità mi è piaciuto moltissimo per vari aspetti, tra i quali proprio il modo per cui è trasparente, fedele, VERO.
Sinceramente non mi capacito di come sia possibile attingere … ma forse non è nemmeno questo il verbo giusto … in maniera così palese e reiterata senza nemmeno darsi la pena di aggiungere due righe, non foss’altro come ringraziamento.
Lo dico da tempo ormai: questo mondo è altro da me, io mi sento ogni giorno più fuori posto, aliena.
Ripenso ai protagonisti del libro, alla generosità smisurata al punto di non fare distinzione tra figli e ospiti.
“La miseria che aiuta l’altra miseria”.
Ora abbiamo più ricchezza ma abbiamo meno valore. Molto molto meno.
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grazie Elisa, per aver scritto pubblicamente quello che tanti riescono a esprimermi solo in privato, senza esporsi troppo, e non per pudore, ma per banale omertà.
Giovanni Rinaldi
Sinceramente il tuo libro è molto più bello ma il problema mi pare di capire, seppur nella mia ignoranza editoriale, è che un libro non è bello o scritto bene solo perchè è sponsorizzato da una multinazionale. Il treno dei bambini è stato super pubblicizzato ma per rispetto la scrittrice avrebbe dovuto scrivere la fonte/fonti e essere onesta con i lettori. Comunque per fortuna c’è sempre il libero arbitrio di infomarci e capire come vanno le cose. Almeno io lo faccio. Ciao
Il libro “I treni della felicità. Storie di bambini in viaggio tra due Italie” (Ediesse 2009). di Giovanni Rinaldi sicuramente ha fatto da fonte a questo romanzo che ho letto anche io recentemente, soprattutto dopo aver visto il documentario Fame nera.