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accoglienza bambini, children's train, happiness trains, oral history, PCI, Puglia, storia orale, toscana, treni della felicità, treno dei bambini, UDI
Tutta la mia ricerca, su quelli che oggi comunemente definiamo il movimento dei “treni della felicità“, partì nel 2002 dalle testimonianze orali dei testimoni pugliesi, di San Severo, figlie e figlie dei braccianti protagonisti della rivolta del 23 marzo 1950. Dal primo testimone, Severino Cannelonga, risalimmo a pochi altri – Americo Marino, Erminia Tancredi, Dante Verrone, Ada e Teresa Foschini, Annamaria Pescume – che raccontarono dei viaggi dei bambini verso le Marche, la Romagna. Una sola testimone, la signora Micucci, ci parlò del suo viaggio in Toscana. Non riuscimmo a raggiungerne altri, dei settanta bambini di cui in paese si ricordava la partenza. Poi la ricerca ci portò in tutta Italia e alla pubblicazione dei due libri (2009 – 2021) che ho dedicato a questa storia riguardante il movimento di solidarietà politica e sociale che portò circa 100.000 bambini a vivere l’affidamento familiare in altre regioni.

Solo casualmente nei giorni scorsi mi è giunta una testimonianza tratta dalla autobiografia di una mezzadra, militante comunista toscana, Delia Maiettini, in cui si racconta di circa 25 bambini e bambine provenienti da San Severo tra il 1947 e il 1950 e accolti dalle famiglie di Buonconvento nel senese “per 14-15 mesi” (a seguito della rivolta del marzo 1950 i rivoltosi arrestati subirono un processo durato due anni non potendo quindi occuparsi dei loro figli). Questa storia si unisce ora alle altre e completa un capitolo di ricerca (creandone un altro sviluppo possibile) per me importante e fondativo.
È l’antropologo Pietro Clemente che mi invia il testo del racconto, allegato alla sua mail, poche ore dopo esserci “incontrati” in una riunione online dell’AISO (Associazione Italiana Storia Orale) in cui accennavo alla mia ventennale ricerca. Clemente scrive: Da quando è venuta fuori la storia dei treni dal sud volevo segnalare a qualcuno questo racconto di una attivista comunista che ho seguito e promosso. Ho capito che quel qualcuno sei tu. Il libro è uscito a Siena senza data, dovrebbe essere del 1995: “Delia Maiettini, Le barriere invisibili. Cronaca di una vita di donna dalla terra alla politica” (Editrice Tipografia Senese, s.d.). È una autobiografia autoprodotta cui ho dato una mano per l’edizione, col Centro pari opportunità del Comune.
Chi era Delia Maiettini? Dal sito web dell’UDI di Siena riporto le informazioni che la ricordano:
Nata a Buonconvento nel 1928, nel 1945 si iscrive al Partito Comunista ed inizia un percorso politico che la porterà a ricoprire vari ruoli: a 21 anni sarà eletta consigliere comunale a Buonconvento, sarà responsabile della commissione femminile del Pci, dirigente dell’UDI, assessora al Comune di Siena e poi alla Regione Toscana. Per 15 anni Presidente dell’Associazione provinciale Cooperative di consumo. La ricordiamo come una delle tante donne della nostra provincia che, subito dopo la liberazione dal fascismo, si impegnarono in prima persona nella politica a favore delle classi lavoratrici e delle donne contribuendo alla conquista di diritti sociali, politici e civili. “Andavo volentieri a scuola, ma se uno doveva studiare era il maschio. Come tutti i bambini anche noi avevamo dei piccoli desideri, che neanche la Befana, essendo tanto povera, riusciva a soddisfare. Mi piacevano tanto le bambole e i giocattoli in genere: non ne ho mai avuti”. Poche parole come queste, danno bene il senso delle difficoltà che lei e le altre hanno dovuto superare per affermarsi nella propria identità di donne.


Il racconto di Delia Maiettini (dal capitolo L’Assistenza ai bambini del Sud):
Tra il 1947 e il 1950, il PCI, l’U.D.I., il Comune di Buonconvento decisero di assistere un gruppo di bambini del Sud che avevano perso tutto con il passaggio del fronte. Anche la mia famiglia decise di prenderne uno. Stabiliti gli opportuni rapporti e contatti necessari da parte del Comune, un gruppo di compagne si recò a San Severo di Foggia, prese in consegna 20-25 bambini e li portarono fino a Buonconvento.
Tra questi bambini c’era una femminuccia di sei mesi, sofferente, denutrita, avvolta in stracci sporchi. Fu affidata alla compagna Sugarelli Giuseppina che aveva già una sua figlia, Gentilina, della stessa mia età. Avevamo fatto le scuole elementari insieme. Giuseppina lavorava da sarta, la bambina fu curata, nutrita, vestita con le cose più belle; dopo qualche mese era diventata una bambina bellissima. Gentilina la portava a spasso dicendo che era la sorellina più piccola.
Tutti i bambini furono sottoposti a visita medica, quasi tutti erano provvisti di certificato anagrafico, alcuni no, non avevano nulla. A noi fu affidato un bambino che diceva di chiamarsi Tommasino, non sapeva il suo cognome e neanche quanti anni avesse con precisione. Si supponeva che avesse 10-11 anni. Non si riuscì a sapere se avesse i genitori, quanti fratelli e sorelle fossero, non conosceva gli orari dei pasti, né quelli del riposo, non sapeva leggere né scrivere. Le prime settimane furono molto difficili.
Andai io a prendere Tommasino. I bambini erano vestiti di stracci e dentro un fazzoletto a grandi quadri bianchi e blu, altri stracci per il cambio. Portai a casa Tommasino, pensavo che fosse stanco, che avesse fame; ma non volle né mangiare né riposare. La DC e le parrocchie, soprattutto nel mezzogiorno, avevano condotto una campagna furibonda di intimidazione verso le famiglie e i bambini. Gli avevano detto che poiché sarebbero stati ospitati in famiglie di Comunisti, sarebbero stati avvelenati. I bambini erano terrorizzati. Tommasino cominciò a mangiare quando io iniziai a mangiare prelevando la minestra dal suo stesso piatto. A me si affezionò moltissimo.
Anche chi non aveva ospitato un bambino contribuì in vario modo ad assisterli. Gli furono regalati vestiti, biancheria, giocattoli, inviti a pranzo ecc. Fu una gara di solidarietà senza precedenti. Alcuni bambini rimarranno nelle famiglie che li avevano ospitati sono stati cresciuti come figli, oggi hanno la loro famiglia, abitano in questa Provincia.
Fu fissata la data della partenza verso la fine del mese di Ottobre del 1950, ci ritrovammo tutti ai pulman, erano venute anche tante famiglie che i bambini non avevano ospitato. Il distacco fu drammatico. Li avevano tenuti 14-15 mesi. I bambini che erano arrivati non si riconoscevano, erano tutti belli, puliti, nutriti. In quel momento, forse, ci accorgemmo quanto gli volevamo bene. La compagna Sugarelli Giuseppina volle andare a San Severo di Foggia ad accompagnare la sua “bambina” che nel frattempo aveva cominciato a parlare: la chiamava “mamma”.

Alla casa del popolo [di Buonconvento] dove spesso i bambini si ritrovavano sentimmo un vuoto terribile. A questa stupenda gara di solidarietà non parteciparono solo le famiglie Comuniste, ma tante altre di altro orientamento politico.
Di Tommasino perdemmo le tracce. Nell’Agosto del 1970, un giorno, tre ragazzoni suonarono il campanello di casa dei miei genitori che vivevano, con mio fratello, in via di Vallerozzi: era Tommasino con due suoi amici, erano venuti a Siena per vedere il Palio. Tommasino aveva pensato di rintracciarci, si ricordava il nome del paese e del podere, era andato, aveva chiesto dove fosse finita la famiglia che lì vi abitava, qualcuno lo mise in contatto con il fratello di mio Padre, Tersilio, che abitava a Buonconvento, da lì risalì a noi. Provammo un immenso piacere. Abitava a Cinisello Balsamo (MI), si era sposato, aveva due figli. Faceva parte del grande esercito di emigrati verso le grandi città. Per un lungo periodo mantenemmo la corrispondenza, poi di nuovo interrotta. Finalmente si conobbe il nome e cognome esatti: Braccio Tommaso.
Conservo delle foto. Una del primo periodo che lo ritrae con me e mia madre, un’altra con mio fratello e il cane, l’altra, quando è tornato nel 1970 con mio Padre, mia madre e mio fratello.
Sui “bambini di San Severo” leggi anche, in questo blog:
Le donne di San Severo: reportage di Fausta T. Cialente
Le donne di San Severo: reportage di Maria A. Macciocchi
Americo Marino racconta la sua storia nel podcast In Real Life di Marco Maisano
Americo prese il treno. Sergio Sinigaglia intervista Americo Marino
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