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La storia di Aldo, da Napoli a Imperia.
Materiali per una biografia di un solo anno, il 1947
di Giovanni Rinaldi

Napoli, stazione Barra, marzo 1947, bambini partono per la Liguria.

Aldo Di Vicino si presentò, sulla bacheca della pagina facebook del mio libro “I treni della felicità”, il giorno 11 luglio del 2015. “Eccomi. Un altro dei bimbi saliti su uno di quei treni nel lontanissimo 1947. Perché non si parla anche di quelle straordinarie famiglie liguri che ospitarono una buona parte di noi napoletani?
Gli risposi che sarebbe stato bello se proprio lui si fosse dedicato a raccontare la sua esperienza. La sua storia personale all’interno di una grande storia collettiva. Lo pregai di scrivere il suo racconto per poi condividerlo sulla pagina online. Altri si sarebbero riconosciuti e avrebbero potuto condividerlo e arricchirlo a loro volta. Attesi fiducioso.
Pochi giorni dopo aggiunse “Lo farò, aggiungendo anche una documentazione fotografica. Vivo a Napoli. Dove posso acquistare il volume ‘I treni della felicità’ a completamento di una storia raccontata da lettere e foto raccolte nel corso della mia esperienza diretta?
Non ebbi notizie fino a dicembre, poi scrisse “Ho acquistato due volumi appena prima di Natale e, con sorpresa, trovo quasi nulla sui bambini ospitati in Liguria, e tra questi ci sono stato anche io, già nel marzo del ‘47”.
Lo sollecitai a colmare questa lacuna e, dal febbraio 2016 cominciò a postare alcuni primi ricordi, mostrando la sua voglia di risalire ai familiari della famiglia che lo aveva ospitato e di cui aveva perso i contatti.
Sono stato ospite delle famiglie Berio e Cassini di Imperia. Mi piacerebbe tanto sapere di loro. Almeno di Piera Cassini che, all’epoca, aveva quasi la mia età. Ho tentato in qualche modo ma senza esito. Come fare?” Come era successo per qualche altro testimone che si era rivolto a me per rintracciare qualche parente delle famiglie ospitanti mi misi a disposizione.
Che bello! Poter rivivere con qualcuno di quelle splendide famiglie, uno straordinario ricordo. Grazie davvero. Un cordiale saluto anche a voi”.

Cominciò così il nostro scambio di informazioni, aneddoti, materiali (scritti, documenti, fotografie). Io provavo a ricostruire e mettere in ordine quello che mi inviava. In modo costante e puntuale Aldo mi inviava pdf di fogli su cui aveva disposto le vecchie foto che aveva raccolto durante il suo soggiorno a Imperia, I suoi ricordi scritti e, alla fine, un breve diario che racconta quei pochi mesi di felicità. Ad ogni foto inviata accludeva le sue didascalie, precise, i suoi ricordi del momento, i nomi delle persone inquadrate. Le diverse ‘spedizioni’ erano state precedute dalla sua premessa: “Napoli, 1947. Ho raccolto le foto e gli scritti nel rispetto di un ordine cronologico perché si tenti, attraverso la lettura, affiancata dalle immagini, una possibile comprensione dei fatti. E chi legge, faccia sue le emozioni, le ansie, le angosce, e la tristezza che traspare da quei visi di fanciulli. E tra questi, il mio.”
Il suo primo testo, postato online nel febbraio 2016, dava un primo, veloce, resoconto della sua esperienza e anticipava il suo lavoro di raccolta di ricordi e materiali della memoria:
La sig.ra Berio si chiamava Anna e il marito Giuseppe.
La sig.ra Cassini, mamma di Piera, si chiamava Paola.
La segretaria della camera del lavoro di Imperia si chiamava Neda Castagno ed era vicina di casa. La padrona di casa, mamma di Neda si chiamava Rosa.
Un fratello di Neda si chiamava Maggiorino ma non ricordo se vivesse con noi.
Io dormivo nella loro casa perché in quella dei Berio non vi era posto.
Una dei figli Berio si chiamava Nino ma era stato da poco ucciso dai nazifascisti [il 24 settembre del 1944 ndr].
Abitavo con loro, a Imperia in via Santa Lucia credo al civico 10.
Era una bella casa con giardino pieno di piante di Malva. Quel profumo lo conservo ancora forte nei miei ricordi.
Trascorsi un periodo a Colle di Nava, colonia “Felice Cascione” [ex Colonia Antitubercolare “Principe di Piemonte” situata tra i boschi di Pornassio, fraz. di Nava, a m. 900 s.m., dove durante il ventennio venivano ospitati i balilla della G.I.L. ndr]
Non ricordo perché ma lego il nome della colonia anche a Vittorino da Feltre.
Conservo, in ricordo, una decina di foto e lettere dei Berio e dei Castagno.
Piera dovrebbe avere, oggi la mia stessa età. Io sono nato il 1938.
Con me restò, per tutto il periodo, Giaquinto Oscar, figlio di un amico di mio padre ma passammo per fratelli per non essere separati.
Aggiunse “Grazie per avermi dedicato un po’ del suo tempo. Cordialmente. Aldo
Ringraziai lui, per il tempo che lui dedicava a me, per non dimenticare. Ero felice di ascoltare la sua storia.
Aldo era contento, finalmente trovava modo di organizzare e rielaborare momenti e frammenti di memoria e scambiare questo suo lavoro con qualcuno che, forse, avrebbe potuto valorizzarlo e trasmetterlo. “Io non ho mai dimenticato. Altri ricordi sono affiorati con la lettura del suo libro. E perché non si dimentichi, ne presi due. Uno regalato alla mia nipotina di tredici anni. In questo periodo, per una alterazione nervosa, i miei occhi sono piuttosto stanchi ma scrivo e leggo ugualmente. Sono le mie passioni. Appena posso, prometto: farò quello che mi chiede… [inviarmi fotografie e lettere, ndr]. Si conservi in salute.
E finalmente, tra marzo e ottobre, a scadenze puntuali, arrivarono le foto, i fogli scansionati, i suoi appunti.
Sig. Rinaldi, come recentemente promisi, le rimetto alcune foto relative al mio soggiorno a Imperia, ospite delle famiglie Berio – Castagno nel lontano 1947. Facevo parte di un gruppo di piccoli napoletani accolti da quelle straordinarie famiglie. Invierò, a breve, alcuni ragguagli sul quel periodo. Spero che il tutto possa arricchire, in qualche modo, il suo lavoro. Grazie per la ospitalità”.
Il materiale che mi inviò era eccezionale, pochi bambini, protagonisti dell’esperienza dell’ospitalità nel dopoguerra, sono riusciti a conservare materiali così preziosi e inediti, Ero emozionato forse più di lui nel ricevere quella che era sì una storia vissuta da tantissimi suoi coetanei, ma allo stesso tempo mi metteva in relazione personale con una storia intima, sofferta e conosciuta solo dai suoi più stretti familiari.
Gli risposi: “Grazie davvero, il suo è materiale preziosissimo. Ho già letto, avidamente, i testi che mi ha inviato. Grazie ancora. Spero davvero di riuscire ad esserle utile, ma quello che lei ha così gelosamente protetto e che ora accompagna con le sue parole merita davvero di essere raccontato. Mi piacerebbe molto trovare un’occasione per incontrarla”.
Il suo ultimo post: “Ho perduto molto tempo, sig. Rinaldi. Io tentai di rivedere quella gente straordinaria ma gli eventi furono tanti e i momenti difficili. Ma non ho mai dimenticato. Non ci sarà più nessuno a cui io possa far giungere il mio ricordo. Forse, Piera; forse, Giuseppina. Ho dedicato la mia vita al lavoro e ai miei due figli nel tentativo di dar loro qualcosa di diverso. La tristezza di quei tempi ancora mi pesa… Grazie. Aldo Di Vicino”.

Con molta tristezza ho scoperto solo in questi giorni, andando sulla sua pagina social, della scomparsa di Aldo. Non l’ho mai conosciuto personalmente, ma l’ho sempre sentito come un vecchio amico. Mi ha inviato foto, lettere e i suoi ricordi, con la volontà, purtroppo non soddisfatta, di riuscire a rintracciare i familiari di chi lo aveva ospitato. Mi rammarico di non essergli stato utile, pur avendo provato a farlo. Già solo da quello che mi ha scritto l’ho ritenuto una magnifica e tenera persona e sono profondamente addolorato di non essere riuscito a trovare l’occasione di incontrarlo. Provo a recuperare il tempo perduto (che era anche uno dei motivi per cui Aldo mi scriveva), pubblicando la storia del suo 1947 vissuto felicemente, lontano da casa, ma accudito da persone affettuose e ospitali.
E’ tardi, troppo tardi, ma Aldo ne sarebbe felice e così sicuramente i suoi familiari.

La storia del viaggio di Aldo Di Vicino la racconto nel mio libro C’ero anch’io su quel treno (Solferino, Milano 2021)